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Conclusa l'udienza a Trapani per il caso Iuventa, la difesa della Ong: «Ora si indaghi sugli errori commessi»

Dopo 7 anni è arrivata la richiesta del pm di non luogo a procedere, il 19 aprile la sentenza

Si è conclusa a Trapani l’udienza preliminare del processo all’equipaggio della nave Iuventa, imbarcazione della ong tedesca «Jugend Rettet», accusato di favoreggiamento dell’immigrazione. L’imbarcazione fu sequestrata sette anni fa a dopo un salvataggio di migranti. Il giudice ha annunciato che pronuncerà la sua decisione il 19 aprile prossimo. In seguito alla richiesta del pubblico ministero del non luogo a procedere, la difesa ha presentato un'arringa finale, chiedendo non solo la chiusura del caso, ma anche il pieno riconoscimento della legittimità di tutte le azioni. La difesa ha inoltre richiesto di avviare un’indagine sulle circostanze del caso per stabilire chi sia responsabile per gli errori compiuti durante la fase investigativa e per le sue gravi implicazioni.
Le quattro giornate conclusive dell’udienza preliminare del caso Iuventa sono iniziate mercoledì quando durante la presentazione delle memorie finali, il pubblico ministero, che è stato il primo a intervenire, ha richiesto il non luogo a procedere nei confronti dell’equipaggio nonostante abbia portato avanti il caso per quasi 7 anni. Tuttavia, la richiesta non si è basata sul riconoscimento che non siano stati commessi crimini, ma sul fatto che il dolo degli imputati non potesse essere sufficientemente provato.

La squadra della difesa di Iuventa ha continuato con le sue arringhe giovedì e venerdì, dissentendo da questo ragionamento. Nell’arco di diverse ore, i legali hanno sistematicamente confutato tutte le presunte prove relative agli episodi in questione. Inoltre, hanno sottolineato che, al di là della ricostruzione fattuale degli incidenti specifici, l’ingresso in Italia delle persone salvate è da considerarsi lecito in qualsiasi circostanza.

Hanno poi ribadito che tutte le azioni intraprese dalla Iuventa erano legittime e rientravano tra i loro diritti - basati su principi legali internazionali e nazionali come quello del dovere di soccorso e di intervento in condizioni di pericolo in mare, oltre che sui diritti fondamentali degli imputati. Hanno poi sottolineato che, dopo il sequestro della Iuventa e durante il processo in corso, molti dei fatti pertinenti sono stati accertati da altri tribunali. Ad esempio, la recente sentenza della Corte di Cassazione che conferma che la Libia non è un porto sicuro è direttamente applicabile al caso Iuventa.

In aggiunta, la difesa ha reiterato che si tratta di un processo politico, come si evince dalle indagini politicamente orientate. Le autorità hanno infatti continuato a perseguire il caso, nonostante l’assenza di prove che indicassero illeciti. Il Ministero degli Interni ha persino incaricato una sezione speciale della polizia di occuparsi delle indagini, il che indica una forte influenza politica.
Gli avvocati difensori hanno richiesto che il tribunale non si limiti alla richiesta del non luogo a procedere data la presunta mancanza di prove sull’intento degli accusati, ma che venga pienamente riconosciuto che le azioni dell’equipaggio della Iuventa non solo erano legittime, ma rappresenta l’esercizio di un diritto riconosciuto agli imputati. (ANSA).

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