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Così Messina Denaro scriveva della figlia naturale: «Per me è niente, sciacqualattuga»

Messina Denaro nel giorno del suo arresto

La chiamava, certo in modo poco lusinghiero, «sciacqualattuga». Un termine che indicava la scarsa considerazione che Matteo Messina Denaro aveva per la figlia naturale Lorenza Alagna. Viene fuori dall’inchiesta dei carabinieri del Ros che stanno analizzando l’enorme mole di pizzini e lettere trovate nei covi dell’ex primula rossa di cosa nostra.
In una lettera indirizzata alla sorella Giovanna, parlando di Martina Gentile, la figlia della maestra Laura Bonafede arrestata ieri per favoreggiamento, il boss riferendosi in codice alla figlia naturale usava appunto il termine “sciacqualattuga". «Io ho cresciuto una figlia che non è mia figlia biologica, ma per me è mia figlia, e mi ha dato l’amore di una figlia, mi ha voluto bene e mi vuole bene, ha molto di me perché l’ho insegnata io, se vedessi il suo comportamento ti sembrerei io al femminile. Che voglio dire? Che non sono stato solo e che sciacqualattuga non significa più niente per me», diceva alla sorella contrapponendo appunto Gentile, con la quale il capomafia ha anche convissuto quand’era bambina, e la figlia naturale.

Per creare la lingua cifrata che utilizzavano nelle loro comunicazioni scritte Matteo Messina Denaro e Laura Bonafede, maestra che per anni ha avuto una relazione col capomafia,si ispiravano anche a testi letterari. Lo hanno scoperto i carabinieri del Ros che stanno indagando sulla rete di fiancheggiatori che ha coperto la latitanza del boss e che, ieri, hanno arrestato la donna per favoreggiamento e procurata inosservanza della pena. Ad esempio per il nome «tugurio» usato per indicare uno dei luoghi in cui i due si incontravano si sono rifatti a un libro di Vargas Llosa «Avventure della ragazza cattiva» in cui uno dei protagonisti sosteneva «che il posto in cui viveva era un tugurio ma per lui era una reggia perché lì era stato felice», scriveva la Bonafede.

Oppure il nome in codice Tania dato alla figlia della Bonafede, Martina, è tratto da un volume di Bukowski. I carabinieri l’hanno trovato il 15 marzo nella libreria di casa della Bonafede con una pagina evidenziata in rosa dove si legge «mia figlia Tania». Il boss e la donna oltre a farsi ispirare dalla letteratura, secondo gli inquirenti, si sarebbero scambiati i libri e sottolineando passaggi per loro significativi avrebbero comunicato.

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