Sono sempre stati legati a filo doppio i Messina Denaro e i Bonafede. Erano amici d’affari e di mafia i due capostipiti: don Ciccio e zu Leonardo, entrambi ormai morti. Sono vicinissimi i loro discendenti. Non a caso Matteo Messina Denaro ha scelto il loro feudo, Campobello di Mazara, come suo ultimo nascondiglio. Non a caso molti dei fiancheggiatori che hanno protetto il padrino di Castelvetrano appartengono o sono in qualche modo collegati al clan di zu Leonardo. È un Bonafede Andrea, il geometra che ha prestato l’identità e i documenti al boss consentendogli di curarsi in ospedali e cliniche, di acquistare l’appartamento di vicolo San Vito in cui il padrino ha trascorso i mesi prima dell’arresto e la Giulietta con cui il boss si muoveva praticamente indisturbato. È un Bonafede un altro Andrea, il postino l’hanno definito gli inquirenti, il fiancheggiatore che ha fatto la spola tra il capomafia e il suo medico curante ricevendo e consegnando oltre 100 ricette e prescrizioni mediche.
E ancora è un Bonafede, Emanuele, l’ultimo della famiglia a finire in carcere, fratello del postino, cugino del geometra. Insieme alla moglie Lorena per mesi ha fatto da vivandiere al padrino ospitandolo a casa, preparandogli da mangiare, tenendogli compagnia e proteggendolo per evitarne la cattura. La donna, inoltre, sentimentalmente legata a Messina Denaro, aveva il compito di tenere i rapporti tra il capomafia e persone a lui amiche. Come Laura Bonafede, la maestra figlia di Leonardo e moglie dell’ergastolano Salvatore Gentile, cugina degli altri indagati. Il padrino era molto vicino alla donna che gli faceva scenate epistolari di gelosia e che ha incontrato fino a due giorni prima dell’arresto, come si vede da un frame tratto da un filmato girato dalle videocamere di sorveglianza della Coop del paese in cui i due parlano davanti al banco dei salumi. Un rapporto, il loro, provato anche dai pizzini scoperti in vicolo San Vito. Infine Martina, figlia di Laura, nipote del capomafia di Campobello. Messina Denaro ne parla alle sorelle in un pizzino, citando il necrologio che la ragazza, in codice chiamata Tan, aveva scritto per il nonno. Ne apprezza il modo di vivere e l’educazione e la contrappone a sua figlia, Lorenza, che definisce «degenerata nell’infimo». I carabinieri hanno scoperto che, tramite Lanceri, il boss teneva rapporti epistolari anche con lei. L’ultima di tre generazioni dei Bonafede legate ai Messina Denaro.
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