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Il blitz antimafia di Trapani, storia di un ammanco di 50 mila euro e dell'intervento di Matteo Messina Denaro

Nella cosca di Valderice il reggente Francesco Todaro era spesso criticato. Una parte del provento delle estorsioni sparì e per questo motivo il capoclan fu portato in un villino di Pizzolungo e picchiato

Uno dei personaggi più discussi, fra i diciassette finiti in carcere nell’operazione antimafia Scialandro contro le «famiglie» di Trapani, Valderice e Custonaci, è Francesco Todaro, 68 anni, ritenuto reggente della cosca di Valderice, ma spesso contestato dagli stessi membri dell'organizzazione.

In una conversazione intercettata due anni fa (5 giugno 2021) Vito Manzo (60 anni) e Giuseppe Maranzano (59), anche loro arrestati nel blitz, lo definiscono «tragediatore» e pertanto non idoneo al ruolo di capo. Anche Gaetano Barone, settantaduenne finito ai domiciliari nell'ambito dell'operazione, dice che Todaro «fa solo tragedie», un termine che nel linguaggio mafioso ha il significato di mettere zizzania. Sarà magari perché, come afferma Maranzano, parlando con Barone, «si è montato il cervello», cosa che a Barone fa dire che Todaro «non ha mai fatto il soldato», ovvero ha saltato il primo gradino della scala gerarchica di Cosa nostra. Il pensiero di Barone è che Todaro sia lì per volere dei Virga, vecchi capimafia di Trapani

Nell'ordinanza, peraltro, si parla anche di un ammanco di 50 mila euro, vicenda che rese necessario l'intervento dell'allora latitante Matteo Messina Denaro, nella veste di capo di Cosa nostra in provincia di Trapani, indicato come «quello con gli occhiali ». Ne parlano ancora Manzo e Maranzano, nel giorno di Ferragosto del 2021. E dal dialogo viene fuori che Messina Denaro intervenne facendo pervenire una lettera inviata dal «dottore» , e cioè il medico Giuseppe Guttadauro, boss di Brancaccio (Palermo), nonché fratello di Filippo, cognato del boss di Castelvetrano per averne sposato la sorella Rosalia Messina Denaro, finita in carcere lo scorso marzo, un mese e mezzo dopo l'arresto del superlatitante alla clinica La Maddalena di Palermo.

Nella lettera, «firriata», ovvero giunta a destinazione dopo diversi passaggi, si chiede conto di quella somma. «Mettetevi in riga lì con le cose», c'era scritto nella lettera, secondo il ricordo di Manzo, il quale a Maranzano racconta anche che che, in seguito all'intervento di Matteo Messina Denaro, a Todaro, in un villino abbandonato di PizzolungoLui fu portato qui a Pizzolungo, dentro un villino chiuso da 30 anni»), venne poi chiesto conto di quella somma, che era provento delle estorsioni («Tu devi portare il conto qua, bello mio. Devi portare il conto qua questa notte») e, nell'occasione, lo stesso Todaro fu anche picchiato, tanto che gli venne rotto il polso («E poi si ruppe il polso... E invece sono state le mazzate di là sotto. Ti ricordi che gli strapparono il...?». La parola finale per gli inquirenti è incomprensibile. Il senso della frase però è chiarissimo.

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