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Così la sorella di Messina Denaro gestiva la cassa e la rete dei pizzini del boss latitante

In alto, da sinistra, Francesco e Matteo Messina Denaro. In basso, Rosalia e Anna Patrizia Messina Denaro

I carabinieri del Ros hanno arrestato, a Castelvetrano, con l’accusa di associazione mafiosa, la sorella del boss Matteo Messina Denaro, Rosalia. L’inchiesta è stata coordinata dalla Procura di Palermo. Secondo gli inquirenti, la donna avrebbe aiutato per anni il fratello a sottrarsi alla cattura e avrebbe gestito per suo conto la «cassa» della «famiglia» e la rete di trasmissione dei «pizzini», consentendo così al capomafia di mantenere i rapporti con i suoi uomini durante la sua lunga latitanza.

Rosalia, detta Rosetta, la maggiore delle quattro sorelle di Messina Denaro, è madre di Lorenza Guttadauro, avvocato che, dal giorno del suo arresto, assiste il capomafia, e moglie di Filippo Guttadauro che ha scontato 14 anni per associazione mafiosa ed è tuttora in carcere al cosiddetto «ergastolo bianco». Il secondo figlio della donna, Francesco, nipote prediletto del padrino trapanese, sta espiando una condanna a 16 anni sempre per associazione mafiosa. L’operazione che ha portato all’arresto di Rosalia Messina Denaro è stata condotta dal Ros, dai carabinieri del Comando provinciale di Trapani e dello squadrone eliportato dei Cacciatori di Sicilia. La misura cautelare è stata disposta dal gip Alfredo Montalto. Sono in corso decine di perquisizioni in provincia di Trapani.

La gestione del flusso di denaro

La sorella di Matteo Messina Denaro, Rosalia, ha avuto un ruolo fondamentale nella gestione del flusso di denaro contante a disposizione della famiglia mafiosa. Lo credono i magistrati della Procura di Palermo, guidata da Maurizio de Lucia, che hanno trovato in casa della donna a Castelvetrano, nella sua villetta in campagna a Campobello e nel covo del boss Matteo Messina Denaro decine di «pizzini» con la contabilità del capomafia. Contabilità tenuta da Rosalia, che eseguiva gli ordini del fratello e consegnava i soldi a una serie di soggetti, rendicontando puntualmente di anno in anno entrate e uscite. Alcuni appunti sono stati trovati in una botola nel sottotetto della casa di campagna: «pizzini» tutti con oggetto nomi in codice, ordini e somme di denaro.
In uno degli appunti il boss ricorda al destinatario l’esistenza di una grossa provvista (64.100 euro) e le spese già affrontate (12.400 euro). E impartisce a chi avrebbe ricevuto il messaggio l’ordine su quanto spendere per il periodo successivo («per il prossimo periodo devi spendere di nuovo 12.400»).

«Tale espressione - scrive il gip, che ha ordinato l'arresto di Rosalia Messina Denaro - rivela con certezza l’esistenza di un fondo riservato: il tenore della espressione "devi" lascia certamente intendere che si tratta di somme da utilizzare non per il personale soddisfacimento di chi le aveva in custodia, ossia il destinatario del pizzino, ma assai verosimilmente doveva essere costui a sua volta a distribuire il denaro a terzi». Natura della provvista, per i pm, è la «cassa», «espressione oramai divenuta notoria con la quale le famiglie di Cosa nostra - continua il giudice - indicano la giacenza alimentata dai proventi illeciti di denaro in contanti, pronta a essere utilizzata, con cui l’articolazione o il mandamento mafioso fa fronte alle spese per i detenuti, per le loro famiglie, per gli onorari dei legali e più in generale per i bisogni degli associati».

Nome in codice Fragolone: era il punto di riferimento dei clan

Rosalia Messina Denaro «è stata da decenni il punto di riferimento economico del capomafia ricercato e persona di assoluta fiducia del boss al quale garantiva non solo di fronteggiare le difficoltà e assicurarsi il sostentamento, non solo di sottrarsi all’esecuzione di pesantissime pene detentive per i reati più gravi e terribili commessi nella nostra storia repubblicana, non solo di gestire la riservatissima catena dei pizzini attraverso cui il capo provincia veicolava gli ordini mafiosi agli altri associati i sodali; ma anche consentire a Cosa nostra di avere un capo autorevole, di fregiarsi di avere un suo esponente apicale, ultimo stragista, ancora Iibero per il quale il protrarsi della latitanza continuava ad alimentarne la legenda (e quindi il naturale proselitismo che ne derivava e di cui si sarebbe potuta giovare l’intera associazione mafiosa)». Lo scrive il gip nell’ordinanza di custodia cautelare che ha disposto il carcere per la sorella del boss Rosalia Messina Denaro. Nel provvedimento si sottolinea il ruolo non certo occasionale, ma certamente strutturato della donna «come dimostrato dal lungo pluriennale arco temporale cui i conteggi della ‘cassà sono riferibili e dalla costante opera di gestione rassegnata dalla Messina Denaro al fratello latitante con periodici resoconti delle spese e dei residui fondi a disposizione». «Mi fai scmpre lo spekkietto finale, così so quanto è la cassa», si legge in uno dei pizzini trovati rivolti dalla donna al boss.

«Assecondando i ritmi imposti dai continui e incessanti arresti che hanno flagellato e decimato la famiglia di sangue del latitante, Rosetta, nome in codice Fragolone (così la indicava il fratello nei biglietti ndr) ha negli anni svolto il ruolo può dirsi forse più affidabile: quello di referente per tutti gli affari di famiglia e quella di fedele detentrice del denaro contante», conclude.

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