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L'arresto di Messina Denaro, il primario di Trapani Zerilli: «Ho sempre lavorato con coscienza»

L'oncologo Filippo Zerilli

Il nome di Filippo Zerilli, primario di Oncologia all'ospedale Sant'Antonio Abate di Trapani, era emerso all'indomani dell'inchiesta della Procura di Palermo a proposito delle cure e delle prescrizioni di medici all'allora latitante Matteo Messina Denaro. Il professionista non aveva mai rilasciato dichiarazioni su questa vicenda, che lo vedeva coinvolto assieme ad altri medici dell'Azienda sanitaria trapanese. A un mese circa dall'arresto dell'ex primula rossa e all'indomani di quello del medico di Campobello di Mazara Alfonso Tumbarello, che per garantire le cure mediche per il tumore al colon al paziente Andrea Bonafede, alias Matteo Messina Denaro, ha firmato 95 ricette per i farmaci e 42 analisi, per un totale di 137 prescrizioni, arriva la dichiarazione di Zerilli. Una dichiarazione che vuole chiarire la vicenda giudiziaria che lo ha visto coinvolto. «Sento di dover specificare alcuni aspetti – sottolinea il primario - per ripristinare la concatenazione degli elementi di verità che sono certo la magistratura valuterà con la dovuta attenzione e puntualità».

Zerilli ribadisce che tutta la documentazione relativa a questa vicenda è stata fornita «in dettaglio, con date e documenti, al mio Ordine professionale». Poi prosegue raccontando minuziosamente i fatti del dicembre 2020. «Ho sempre esercitato la professione con scienza e coscienza e non fa eccezione – dichiara il dottore Zerilli - quanto accaduto in relazione al paziente Andrea Bonafede (alias Matteo Messina Denaro) per il quale, in data 3 dicembre 2020, in risposta ad una richiesta di visita oncologica della chirurgia di Mazara del Vallo, supportata da un referto istologico del laboratorio di Anatomia patologica dell’ospedale di Castelvetrano del 24 novembre 2020, è stata fissata una visita presso l’Uoc che dirigo, segnata nell’agenda di reparto in data 9 dicembre 2020. Non vi è altra documentazione, a mia conoscenza, dalla quale risulti la presenza del paziente Andrea Bonafede presso l’ospedale di Trapani».

«Aggiungo – sottolinea con amarezza -, a smentire alcune voci riprese da alcuni giornali e organi di stampa, che Andrea Bonafede non può essere stato ricoverato per circa un mese presso il mio reparto presso il quale possono essere disposti soltanto ricoveri in day hospital o day service e non certo ricoveri ordinari». Poi scrive di non aver «mai conosciuto Andrea Bonafede prima del suo ingresso in ospedale, né ho avuto con lui contatti personali per fissare la visita oncologica. Non ricordo neppure un mio eventuale contatto personale con il paziente il 9 dicembre, né ritengo si possa pretendere che ne abbia memoria, considerato che allora tutte le visite avvenivano (come ancora oggi) indossando la mascherina».

Poi il primario conclude con un'osservazione di carattere medico che in sede di audizione all’Ordine ha rivolto ai colleghi, «che ne possono cogliere pienamente il senso» afferma. «L’esame del Dna nei pazienti da trattare con farmaci chemioterapici ha la funzione di individuare eventuali poliformismi che possono aumentare la tossicità del farmaco, non certo a individuare l’identità dei pazienti». Il professore Filippo Zerilli conclude sottolineando «che dall’inizio di questa vicenda, il 16 gennaio scorso, non mi sono mai assentato dal lavoro, come dimostrano le mie presenze in ospedale. Auspico una rapida e positiva conclusione di questa vicenda. La magistratura chiarirà la mia totale estraneità a un contesto che non mi appartiene».

Nella stessa giornata dell'arresto a Palermo di Matteo Messina Denaro, i carabinieri avevano acquisito tutto l'incartamento sanitario del paziente oncologico. I carabinieri si erano infatti presentati nel reparto di Oncologia dell'ospedale Sant'Antono Abate, a Trapani, e qui avevano sequestrato e portato via diversi documenti sanitari, cartelle cliniche ed altro materiale cartaceo e informatico.

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