L'operazione Tramonto, così come hanno chiamato l'arresto di Matteo Messina Denaro i carabinieri del Ros, in omaggio alla poesia della piccola Nadia Nencioni, uccisa a 9 anni nella strage di via dei Georgofili a Firenze nel 1993, oggi è tutta concentrata in via Cb31, in pieno centro a Campobello di Mazara, dove si trova l'appartamento che l'ormai ex «primula rossa» utilizzava da circa un anno come covo. Un appartamento che da stanotte è sotto sequestro, così come disposto dalla Procura di Palermo.
«Abito al primo piano della palazzina, ogni tanto vedevo questa persona, lo salutavo e nient'altro. Lui rispondeva in maniera cordiale», ha dichiarato ai giornalisti Rosario Cognata, l’uomo che vive al primo piano dell’edificio dove a pianterreno i carabinieri hanno individuato il covo del super latitante Matteo Messina Denaro. «La legge lo cercava ed ha fatto bene a prenderlo», aggiunge Cognata. Senza mezzi termini, poi, è ancora un'altra vicina di casa del boss a dire di averlo visto passeggiare più volte a Tre Fontane, frazione balneare di Campobello, «una persona distinta». Poi sottolinea che per lei «dovrebbe essere chiuso in un pozzo, in una botola e lì finire i suoi giorni».
Quello che in questo momento gli investigatori del Ris giunti stamane alle 8,30 da Messina stanno letteralmente rivoltando alla ricerca di indizi e carte è un appartamento in una palazzina di una traversa della centralissima via Vittorio Emanuele II. Non ha nulla del bunker la casa dove Matteo Messina Denaro ha vissuto, ipotizzano gli inquirenti, negli ultimi sei mesi.
Ma cosa cercano i Ris? Cercano intanto quel famoso «tesoro», del quale tanti collaboratori di giustizia hanno parlato, quello recuperato immediatamente dopo l'arresto di Totò Riina nella casa di via Bernini, a Palermo, che fu perquisita troppo tardi rispetto all'arresto del boss. Giovanni Brusca svelò che è stato uno dei fratelli Sansone, Giuseppe, a sterilizzare gli ambienti per non lasciare una sola traccia del boss. Dentro Cosa Nostra, e anche fuori, il «tesoro» di Riina è un archivio da far tremare l'Italia. Qualcuno mette in giro la voce che sia finito nelle mani di Matteo Messina Denaro, che Totò Riina avrebbe voluto come suo erede. La collaboratrice di giustizia Giusy Vitale dice ai procuratori: «Se qualcuno avesse trovato le carte di Riina sarebbe successo il finimondo». Carte «scottanti» si dice che possono valere un passaporto per la libertà o qualcosa del genere da parte dello Stato a chi le possiede. Matteo Messina Denaro però potrebbe essere il custode anche dell'altro «tesoretto» di Totò Riina, quello composto da gioielli e soldi. Il capo dei capi di Cosa nostra aveva affidato a un gioielliere amico di Matteo Messina Denaro, Francesco Geraci, il suo tesoro di famiglia: lingotti d'oro, collane, anelli e costosi orologi. Tutto era custodito in un caveau a Castelvetrano, che venne fatto da trovare da Geraci, quando decise di collaborare con la giustizia. Pare solo in parte, però. E poi si cercano le armi e soprattutto si cercano i pizzini con i nomi delle migliaia di fiancheggiatori, quegli stessi che fino a ieri lo hanno sostenuto e che oggi magari facendo finta di nulla stanno guardando con apprensione, mescolati tra la folla di cronisti, le operazioni dei militari del Ros in quell'abitazione.
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