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Quei trecento metri che profumano di riscatto, il corteo anti mafia di Campobello

Chissà se a piedi Matteo Messina Denaro avrà mai percorso quel tratto di strada lungo la via Vittorio Emanuele II a Campobello di Mazara.
Poco meno di 300 metri che separano la parrocchia Madonna di Fatima dal covo di vicolo San Vito, a Campobello di Mazara.
Trecento metri che stasera hanno avuto il profumo della legalità e della voglia di riscatto portata avanti dalla popolazione del territorio.
Un corteo con circa 500 persone condiviso tra Campobello di Mazara (dove il boss ha vissuto negli ultimi anni della latitanza) e Castelvetrano (dove è nato); due paesi accomunati dallo stesso destino legato alla vita del boss Matteo Messina Denaro, arrestato il 16 gennaio scorso. Un grido di ribellione nei confronti della mafia che è echeggiato nel corso della manifestazione «La Sicilia è nostra e non è di Cosa nostra».
La comunità di Castelvetrano si è mossa dall’ex concessionaria Mo-Car (bene oggi confiscato) per raggiungere a piedi quella di Campobello, proprio davanti la parrocchia. Poi, tutti insieme hanno raggiunto vicolo San Vito, lì dove è stato scoperto il primo covo del super latitante. C’erano anche il Vescovo di Mazara del Vallo, monsignor Angelo Giurdanella, il vescovo emerito Domenico Mogavero e poi sindacalisti, docenti, liberi professionisti.
«Qui oggi c’è la città che si ribella - ha detto il sindaco di Campobello, Giuseppe Castiglione - bisogna stare a fianco alle istituzioni che lavorano ogni giorno per liberare la nostra terra dalla mafia».
«La mafia fa schifo» è stato lo slogan unanime che è rimbalzato da un punto all’altro del corteo che ha sfilato anche davanti al bar e al supermercato che Matteo Messina Denaro da latitante avrebbe frequentato.
«Sono passati 30 anni e oggi questo territorio si lecca le ferite - ha detto il sindaco di Castelvetrano Enzo Alfano - smettiamola di chiamarli appartenenti alla famiglia mafiosa, sono assassini e stragisti». Lo sa bene Salvatore Catalano, fratello di Agostino, l’agente ucciso nella strage di via D’Amelio. A sfilare c’era pure lui: «I morti per la mafia - ha commentato - sono qui con noi, vedere tutta questa gente mi rincuora».
L’arrivo al vicolo San Vito ha scatenato un applauso che è durato un minuto.
Il regista Giacomo Bonagiuso ha rievocato le parole di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino mentre il Vescovo Giurdanella ha lanciato un messaggio di speranza rivolto alle future generazioni: «Quanto più il bene avanza, il male arretra. Ai ragazzi dico: “siate liberi, coraggiosi e forti nelle scelte noi adulti vi accompagniamo”».
I cartelloni per dire «no alla mafià sono rimasti a sventolare sino all’ultimo, quando il corteo s’è sciolto, mentre i carabinieri continuavano a lavorare nel covo di vicolo San alla ricerca dei «segreti» del boss.

Foto di Francesca Capizzi

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