Riducendo di tre anni (da 23 a 20 anni di carcere) la pena inflitta a Vito Vincenzo Rallo, 62 anni, pastore, ritenuto il «reggente» della famiglia mafiosa di Marsala, la quinta sezione della Cassazione ha confermato, rendendole definitive, le condanne inflitte, il 18 giugno 2020, dalla terza sezione della Corte d’appello di Palermo a dieci presunti mafiosi marsalesi coinvolti nell’operazione dei carabinieri «Visir» (14 arresti il 10 maggio 2017). E cioè quelli che hanno scelto il rito abbreviato.
In secondo grado la pena più severa venne inflitta proprio al boss Rallo, che aveva già subito in precedenza tre condanne definitive per mafia per una quindicina d’anni di reclusione. La Corte d’appello, partendo dai 16 anni inflitti in primo grado dal gup di Palermo Aiello, rideterminò la pena in complessivi 23 anni di carcere, in continuazione con un’altra condanna divenuta definitiva nel 2013.
Sempre in continuazione con un’altra condanna (definitiva nel 2006), in appello fu rideterminata in 16 anni la pena per Ignazio Lombardo, detto «il capitano», di 51 anni, nipote del defunto Antonino Bonafede, padre dell’ergastolano ed ex reggente della «famiglia» di Marsala, Natale Bonafede. A Lombardo il gup aveva inflitto 12 anni.
Per il 29enne Aleandro Rallo, nipote di Vito Vincenzo, in appello la pena fu ridotta a 8 anni, mentre per Michele Lombardo, di 60 anni, imprenditore edile, riduzione da 12 a 8 anni. Limata di 8 mesi (12 anni e 8 mesi in primo grado) anche la pena per Vincenzo D’Aguanno, di 62 anni, ritenuto uno dei due «colonnelli» della cosca. Per il 56enne Nicolò Sfraga, considerato il «braccio destro» di Vito Vincenzo Rallo, 11 anni e mezzo (14 anni in primo grado). Dieci anni, invece, per Giuseppe Giovanni Gentile, di 48 anni, mentre al 40enne Calogero D’Antoni la pena fu aumentata da 9 anni a 13 anni e 4 mesi. Per altri due imputati la Corte d’appello confermò le pene del primo grado: 12 anni Simone Licari, di 63 anni, con precedenti per fatti di droga, e 5 anni e 4 mesi per Massimo Salvatore Giglio, di 46. Quest’ultimo processato per concorso in associazione mafiosa e favoreggiamento.
I reati contestati, a vario titolo, ai 14 arrestati del maggio 2017 sono stati associazione mafiosa, estorsione, detenzione illegale di armi e altri reati aggravati dalle finalità mafiose. Le indagini di carabinieri e Dda, avviate nell’ambito delle ricerche del latitante Matteo Messina Denaro, hanno delineato i nuovi assetti e le gerarchie della «famiglia» di Marsala.
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