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Mafia, l'autista di Messina Denaro chiede che il processo a suo carico sia aperto al pubblico

L'istanza di Giovanni Luppino nonostante il rito abbreviato preveda la celebrazione a porte chiuse

(fotogramma da video) Giovanni Luppino viene portato via dai carabinieri del Ros nei pressi della clinica privata in cui è stato arrestato il boss Matteo Messina Denaro, latitante da 30 anni, Palermo, 16 gennaio 2023. ANSA/Uff stampa Carabinieri + PRESS OFFICE, HANDOUT PHOTO, NO SALES + NPK

Ha chiesto che il processo a suo carico sia aperto al pubblico, nonostante il rito abbreviato preveda la celebrazione a porte chiuse, Giovanni Luppino, imprenditore agricolo di Campobello di Mazara che faceva da autista a Matteo Messina Denaro e che con lui è stato arrestato il 16 gennaio del 2023. Il 13 marzo, giorno in cui si terrà la prossima udienza, dunque il procedimento si svolgerà a porte aperte. Nelle scorse settimane la Procura di Palermo ha chiesto per Luppino la condanna a 14 anni e 4 mesi di carcere.

L’accusa in aula è rappresentata dal pm della Dda Piero Padova. Imprenditore agricolo di Campobello di Mazara, l’imputato venne indagato per favoreggiamento, ma la sua posizione si è aggravata nel corso delle indagini, quando è venuto fuori che quello che appariva come un «semplice» fiancheggiatore, chiedeva il pizzo per conto del capomafia. Al gup che lo processa Luppino aveva raccontato che a presentargli Messina Denaro come suo cugino, nel 2020, era stato un compaesano, Andrea Bonafede (il geometra che ha prestato l’identità al capomafia ndr), che gli avrebbe chiesto di accompagnarlo a Palermo per delle cure. Un giorno, però , il passeggero, conosciuto col nome di Francesco Salsi, si sarebbe sentito male durante uno dei viaggi per il capoluogo e all’invito di Luppino di andare in ospedale avrebbe detto: “portami a casa, sono Messina Denaro non posso andare in ospedale».

Da allora «per ragioni umanitarie», sapendo che il boss era gravemente malato, l’imputato l’avrebbe continuato a portarlo alle terapie. Il padrino gli avrebbe di volta in volta lasciato nella cassetta delle poste un biglietto con l’orario dell’appuntamento successivo. Racconti che, per gli inquirenti, farebbero acqua da più parti. Dalle analisi delle celle telefoniche dell’autista, che aveva anche stretti rapporti con l’amante del padrino, Laura Bonafede, risulta, che questi avrebbe portato il capomafia in clinica per ben 50 volte in due anni. Lo scorso 13 febbraio sono stati arrestati per favoreggiamento aggravato e procurata inosservanza della pena anche i figli di Luppino Antonio e Vincenzo. Secondo i pm sarebbero stati, come il padre, al servizio del padrino di Castelvetrano durante la sua latitanza.

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