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L'ombra del superboss Messina Denaro sulla struttura del Cnr a Capo Granitola

L'unità del Cnr di Capo Granitola

L’unità operativa del Cnr a Capo Granitola, nel Trapanese, sarebbe stata la «casa di Matteo Messina Denaro». Nella puntata di questa sera (23 gennaio) Report, di cui è stata data un’anticipazione, ritorna con nuovi elementi, in parte inediti, su una pista seguita già nel 2017. Il fatto nuovo è una annotazione di servizio del novembre 2021 dei carabinieri di Campobello di Mazara, il paese dove sono stati scoperti gli ultimi covi del boss. Una fonte confidenziale «degna di fede» aveva fatto sapere che qualcuno faceva la spola tra Campobello e Capo Granitola, portando cibi e vestiti a Messina Denaro.

Nelle descrizioni di chi lo aveva visto, il padrino aveva sempre «la stessa faccia ma (era molto) invecchiato». Sulla presenza di Messina Denaro nella zona della struttura del Cnr, che è a pochi chilometri da Campobello di Mazara, c'era già un’informazione precisa. L’aveva raccolta una funzionaria del Cnr, Laura Giuliano, nipote del capo della squadra mobile di Palermo, Boris Giuliano, ucciso dalla mafia nel luglio 1979. Laura Giuliano aveva raccolto una confidenza dell’allora capo del Cnr di Capo Granitola, Mario Sprovieri. Parlando di milioni di finanziamenti pubblici usati in modo dubbio da enti locali, Sprovieri aveva affermato: «È agghiacciante. Tieni presente che Capo Granitola è la casa di Matteo Messina Denaro. Il boss ricercato al mondo numero uno è là».

Laura Giuliano aveva utilizzato le informazioni, registrate all’insaputa del dirigente, per compilare un audit rimasto senza seguito. Tra gli elementi più inquietanti raccolti nell’audit vi è quello di un contratto di affitto del Cnr per usufruire di una foresteria. Il contratto non fu mai registrato né mai è stato chiarito l’uso dell’appartamento. I giornalisti di Report hanno scoperto che il fratello dell’intestatario è un medico massone di Castelvetrano, socio di una società di smaltimento rifiuti insieme con Giovanni Risalvato, fiancheggiatore di Matteo Messina Denaro, e con suo fratello Errico Risalvato, il proprietario dell’ultimo covo del boss.

Emergono nuovi particolari anche sui rapporti tra il medico di base Alfonso Tumbarello e «Andrea Bonafede», cioè Matteo Messina Denaro sotto falso nome. Ne parla ancora Report nella puntata di stasera nella quale viene ricostruito il ruolo del medico massone come mediatore di un contatto, diventato un importante tema investigativo, tra il boss e Antonio Vaccarino, ex sindaco di Castelvetrano, insegnante, massone e depositario di misteri ingombranti. Vaccarino era stato reclutato dal Sisde diretto allora da Mario Mori con l’obiettivo di stanare il grande latitante. I due si scambiarono varie lettere e note confidenziali sotto mentite spoglie: Messina Denaro si presentava come «Alessio» e a Vaccarino aveva attribuito il nome di «Svetonio», lo storico di epoca romana. A provocare il contatto era stato Tumbarello che a sua volta si era rivolto a Salvatore Messina Denaro, fratello di Matteo. «Appena ho sentito il nome del medico, ho fatto un balzo sulla sedia perché Alfonso Tumbarello non è un personaggio da poco», dichiara alle telecamere di Report Teresa Principato, che come componente della Dda di Palermo (è stato procuratore aggiunto tra il 2009 e il 2017) per anni ha dato la caccia al latitante. Nel 2012 durante un’udienza l’ex sindaco di Castelvetrano Antonio Vaccarino ha raccontato ciò che è accaduto già a partire dal 2001. Report ha recuperato la registrazione dell’interrogatorio. Per prendere contatti con il boss Vaccarino si sarebbe rivolto proprio ad Alfonso Tumbarello, che avrebbe subito organizzato nel suo studio un incontro tra Vaccarino e Salvatore Messina Denaro, fratello del capomafia.

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