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Orestiadi di Gibellina, Baliani incanta con il suo "Rigoletto"

Un fine settimana ricco di appuntamenti alle Orestiadi di Gibellina. In scena due opere indimenticabili: Così fan tutte e Rigoletto. Due progetti teatrali che mettono in relazione l’opera lirica con la narrazione, il teatro musicale e la riscrittura drammaturgica.

Ieri sera al Baglio Di Stefano, Marco Baliani in scena da narratore ha vestito i panni di un altro, per starci dentro dall’inizio alla fine per raccontare il suo “Rigoletto”: "È un monologo, quindi per farlo c’è bisogno di un personaggio in carne e ossa, spirito e materia – racconta Baliani -. È uno dei motivi che mi ha spinto a quest’altra impresa. Poter rivestire per una volta la pelle di un altro è una gioia particolare per me che in scena da narratore non ho mai la possibilità di calarmi interamente nelle braghe di chicchessia, sempre devo stare vigile a controllare e dirigere l’intero svolgersi della vicenda. Quando invece dirigo altri attori, loro sì, sono personaggi e li invidio sempre un po’, perché so che vuol dire poter essere un altro fisicamente e spiritualmente, una sensazione di pienezza, aver generato un altro avvicina noi uomini al mistero della duplicazione femminile”.

“Dopo la proposta fattami dal Teatro Regio di Parma di occuparmi, a mio modo, di una rilettura di un’opera di Verdi – prosegue - mi son detto che era l’occasione buona per osare un personaggio e incarnarlo, dopo tanto tempo, tornare a mettere mano a tutte le cose che ho imparato strada facendo sul mestiere antico dell’attore e provare a costruirci sopra un testo scritto, un bel canovaccio su cui giorno dopo giorno, provando, creare un dire per niente letterario, ma concreto, materico. Compreso il trucco in faccia e il costume preso in prestito nei depositi del teatro Regio, appartenuti ai tanti Rigoletti passati da quelle parti”.

L'altro motivo è nella passione di Baliani per le persone del circo, ma piccoli, non eclatanti, non ama i “soleil” circensi fatti di effetti speciali e artisti al limite della robotica per la bellezza scultorea e bravura millimetrica del corpo. Baliani preferisce a questi “la rozzezza faticosa ma meravigliosa di quei circhi dove chi strappa i biglietti te lo ritrovi dopo vestito da pagliaccio e il trapezista sa anche fare giocolerie, esseri nomadi, zingarescamente affamati di vita, mi prende uno struggimento totale quando varco quei tendoni, a percepire la fatica quotidiana di un vivere precario ma impeccabile. Volevo fare un omaggio alle cadute, alle sospensioni, alle mancanze di appoggi”.

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