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Beni sequestrati nel Trapanese, chi è Francesco Isca: il racconto di un pentito ai magistrati

Il provvedimento di sequestro eseguito dalla Dia di Trapani, nei confronti del patrimonio dell'imprenditore Francesco Isca (originario di Vita, ma residente a Calatafimi), del valore di 800 mila euro, arriva a un anno di distanza dal sequestro del piccolo impero da 12 milioni di euro dell'agosto del 2021.

I beni sequestrati

Oggi si tratta di un complesso residenziale abusivo, composto da circa 300 mq coperti ed un’area con piscina di circa 60 mq, costruito nel comune di Salemi in luogo del quale risulta censito un magazzino di appena 38 mq, una quota di terreno nel Comune di Calatafimi Segesta; 2 ville in corso di costruzione nel Comune di Paceco. Nel caso del precedente il provvedimento riguardava: sei società che si occupano di produzione di calcestruzzo, noleggio di macchine e attrezzature per lavori edili, una che gestisce il parcheggio nel parco archeologico di Segesta, 17 rapporti bancari, 128 beni immobili e terreni e 27 automezzi.

Chi è Francesco Isca

Provvedimenti emessi dalla sezione Misure di prevenzione del Tribunale di Trapani che ha accolto la proposta del Direttore della Direzione investigativa antimafia. Francesco Isca nel febbraio del 2020 era finito ai domiciliari perchè coinvolto nell'operazione dei carabinieri “Phimes”.

Indagando sull'imprenditore gli investigatori scoprirono il legame tra lui e il boss Salvatore Crimi, indicato come appartenente alla famiglia mafiosa di Vita, “dal quale risulta che l’imprenditore - scrivevano gli investigatori - abbia ottenuto sia le risorse finanziarie per avviare ed alimentare le proprie aziende, che la copertura per espandersi sul mercato, imponendosi nei lucrosi affari legati alla realizzazione delle grandi opere pubbliche a danno delle imprese concorrenti alterando il corretto funzionamento del libero mercato e violando le regole della leale concorrenza. L’organizzazione mafiosa – scrivevano ancora gli investigatori - avrebbe, ricavato una serie di vantaggi, accrescendo la propria capacità di penetrazione e controllo delle attività economiche nel territorio di riferimento, ottenendo non solo denaro ma anche possibilità di lavoro per imprese e persone appartenenti all’organizzazione criminale”.

Di Isca racconta ai magistrati Nicolò Nicolosi (pregiudicato) che lo definisce come un “imprenditore finanziato dalle famiglie mafiose di Calatafimi e di Vita e protagonista nel mercato del calcestruzzo grazie al sostegno mafioso ricevuto e ricambiato”. Nicolosi dice anche che “Isca aveva il monopolio della fornitura di cemento in provincia di Trapani, che doveva avere le sue forti entrature, doveva avere un monopolio sostenuto da esponenti di primo piano della criminalità organizzata”.

Ancora Nicolosi dichiara ai magistrati che “Isca provvedeva al sostentamento economico della sorella di Salvatore Crimi. Isca con la donna aveva una relazione, e anche quando questa è finita le dava dei soldi e questo perché era suo dovere provvedere al sostentamento della famiglia mafiosa dei Crimi quale controprestazione per il sostegno che la famiglia garantiva alle sue imprese”.

C'è poi una intercettazione in cui Isca è consapevole dei guai in cui si trovava. L'imprenditore infatti riferisce che si trova in una situazione un po’ delicata: “Io ho la famiglia Crimi n'cape e spadde come se fossi il referente... Salvatore Crimi dice giustamente che io sono discepolo suo... Vito Musso che lavorava con me perchè suo padre mi ha condizionato... Anna Crimi perchè me la mantengo io... Che devo fare, devo peggiorare ancora? Devo peggiorare ancora?”. Se lo chiede due volte Isca, e gli inquirenti all'ascolto prendono nota e scoprono che che l'imprenditore sarebbe stato al centro di grossi affari.

Negli anni sono pure emersi i rapporti con Giovanni Filardo, cugino di Matteo Messina Denaro e con Vito Nicastri, il 'signore del vento' finito nell'indagine della Dia di Trapani che nel 2019 coinvolse un sottosegretario nazionale, politici e funzionari della regione siciliana. Ed è proprio nel corso delle indagini su Isca che gli investigatori della Dia scoprono che l’imprenditore del calcestruzzo di Calatafimi, ha tra le mani il progetto per la realizzazione di un impianto di smaltimento dei rifiuti in contrada Gallitello a Calatafimi Segesta. La società promotrice era la Solgesta srl di Roma, società inattiva, realizzata per questo progetto, partecipata occultamente non solo da Nicastri ma anche da Isca. Emergono così co-interessenze economiche tra Isca e Vito Nicastri e tra quest’ultimo e Paolo Franco Arata.

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