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Trapani, ucciso dal cognato che desiderava sua figlia minorenne: l'arresto 23 anni dopo il delitto

Benedetto Ganci aveva rimproverato Adamo e gli aveva intimato di stare lontano dalle sue figlie. Fu ucciso per questa ragione. Il padre dell'indagato sorprese il figlio mentre si ripuliva da alcune macchie di sangue, ma non disse nulla. Il gip ha firmato l’arresto sia per il pericolo di inquinamento delle prove che per il pericolo di fuga dell’indagato

Un caso di omicidio a Trapani risolto dopo 23 anni. Un pensionato trapanese di 69 anni, Antonio Adamo, è stato arrestato per l’omicidio del cognato, Benedetto Ganci, commesso la sera del 5 novembre 1998 nelle campagne di Fulgatore, piccola frazione del Comune di Trapani. L’arresto è stato portato a termine dai carabinieri del Nucleo investigativo di Trapani, che hanno dato esecuzione ad un’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal gip del Tribunale di Trapani, su richiesta della Procura.

La riapertura delle indagini

Le indagini sono state riaperte dalla Procura di Trapani dopo che una delle figlie della vittima, nell’agosto 2020 (a 22 anni dall’uccisione del padre) si era rivolta al comandante della stazione dei carabinieri di Salemi, affermando di nutrire dei sospetti sul presunto autore dell’omicidio. Gli spunti offerti dalle dichiarazioni della giovane (che all’epoca dei fatti era ancora minorenne), dato il chiaro interesse investigativo suscitato, hanno portato alla riapertura del «cold case», vicenda che vent’anni prima era stata archiviata per la ritenuta insufficienza di elementi a carico dell’indagato.

Un omicidio eseguito con ferocia

Gli investigatori, d’intesa con i carabinieri della sezione di polizia giudiziaria presso la Procura della Repubblica di Trapani, sotto la direzione e il coordinamento della stessa Procura, hanno inizialmente proceduto ad un’analisi retrospettiva degli atti contenuti nel fascicolo in precedenza archiviato, da cui già si evinceva che Benedetto Ganci, dopo essere stato attirato in campagna, era stato ucciso con inaudita ferocia mediante l’utilizzo di paletti in cemento, con i quali era stato colpito ripetutamente e improvvisamente al volto, al capo e agli arti superiori sino a perdere la vita per le gravissime lesioni procurate.

L'incrocio delle dichiarazioni

Gli inquirenti hanno, quindi, approfondito le indagini mediante attività di intercettazione e attraverso l’incrocio di dichiarazioni plurime rese da numerose persone informate sui fatti, in particolare appartenenti al nucleo familiare della vittima. Il paziente lavoro di ricostruzione, nonostante il lungo periodo di tempo intercorso, ha consentito quindi di raccogliere gravi indizi nei confronti dell’odierno arrestato.

Adamo desiderava la nipote minorenne

L’uomo, secondo quanto emergerebbe dai riscontri emersi finora, avrebbe covato per diversi anni un sentimento di profondo astio verso il cognato, in quanto quest’ultimo, intuendo le morbose attenzioni, anche di natura sessuale, mostrate da Adamo nei confronti delle sue figlie, lo avrebbe redarguito in più occasioni intimandogli di restare lontano dalle nipoti. Benedetto Ganci sarebbe stato considerato dal cognato un ostacolo ai desideri sessuali nutriti nei confronti, in particolar modo, di una nipote all’epoca minorenne.

L'incontro nel casolare di campagna

Ganci sarebbe stato, pertanto, attirato da Adamo di sera presso un casolare di campagna, isolato rispetto al centro abitato, e lì barbaramente ucciso. Il movente risulterebbe, per citare le parole del gip del Tribunale di Trapani, «un’importante chiave di lettura del quadro indiziario raccolto, consentendo di iscrivere in una cornice unitaria i pezzi del puzzle investigativo».

Adamo fu coperto dal padre

Le indagini hanno messo in luce anche il possibile coinvolgimento del defunto padre del presunto omicida il quale non avrebbe riferito, all’epoca, fatti cui aveva direttamente assistito quando, la notte dell’omicidio, sorprese il figlio intento a ripulirsi delle macchie di sangue.

Le minacce di Adamo

Alla luce degli elementi raccolti, il gip del Tribunale di Trapani, accogliendo le richieste della Procura, ha emesso un provvedimento di custodia cautelare in carcere, ravvisando – quanto alla sussistenza delle esigenze cautelari - un concreto e attuale pericolo di inquinamento probatorio, anche tenuto conto del fatto che l’arrestato, temendo di poter essere denunciato ed indagato, aveva minacciato le persone a conoscenza di elementi a suo carico.

La fuga in Germania

Il gip, inoltre, ha ritenuto sussistente un concreto pericolo di fuga, desunto sia dalla condotta complessiva tenuta da Adamo fin dal periodo immediatamente successivo all’omicidio (quando si rese volontariamente irreperibile, trasferendosi in Germania), sia dal suo stato di formale latitanza, quando era ricercato per altri reati. Le indagini degli inquirenti proseguono al fine di raccogliere ulteriori riscontri all’ipotesi investigativa.

 

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