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La moglie di uno dei marittimi prigionieri in Libia: "Surreale, ci sentiamo abbandonati"

Da più di tre mesi i 18 pescatori di Mazara del Vallo, sequestrati dalle milizie del generale Haftar lo scorso 1 settembre, si trovano in carcere a pochi chilometri da Bengasi con l’accusa di aver pescato in acque territoriali libiche.

Cristina Amabilino, moglie di Bernardo Salvo, non ha contatti con il marito dall’11 novembre, “quando la Farnesina ci ha chiamato e messo in collegamento con 8 dei 18 pescatori. In quell’occasione - racconta - ho parlato con mio marito solo per due minuti, durante i quali abbiamo cercato di rassicurarci a vicenda”. Una telefonata, spiega, da cui non è stato possibile comprendere lo stato di salute del marittimo.

Il messaggio lanciato da Bernardo e dagli altri pescatori è però chiaro: “Vogliono tornare a casa e si sentono abbandonati dalle istituzioni”. Nel frattempo le famiglie si trovano anche in difficoltà economica: “Non lavorando non si percepisce stipendio”, dice infatti Cristina. “Molte persone ci aiutano e accomodiamo con quello che abbiamo, ma la situazione è veramente critica”.

Torneranno a Roma, dunque, le famiglie mazaresi, per denunciare un’attesa che sta diventando troppo lunga. “È surreale, non si può vivere con il pensiero che una trattativa si debba concludere sulla pelle di 18 esseri umani che hanno solo la colpa di essere andati a lavorare - dice ancora Cristina -, ci sono momenti di vero sconforto, la situazione è pesante e complicata ed è ora che il Governo batta i pugni per fare tornare i pescatori a casa”.

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