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Il blitz antimafia di Alcamo: chi è Pasquale Perricone, da vicesindaco all’export verso Cuba

L’alcamese Pasquale Perricone, 69 anni, arrestato ieri nell'ambito dell'operazione antimafia Irene, sui clan di Alcamo e Calatafimi, finì la prima volta in carcere nel maggio del 2016. Accuse allora molto pesanti di associazione per delinquere, corruzione aggravata, bancarotta fraudolenta, abuso d’ufficio, intestazione fittizia di beni, truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche. Subì quattro procedimenti penali, tutti coordinati dalla Pm Rossana Penna.

Sette anni di processi che hanno bloccato la carriera politica e quella imprenditoriale del noto personaggio alcamese. Processi che finirono con sentenze di assoluzione. Politico e imprenditore edile per diversi anni ha svolto l’attività di esportatore a Cuba di materiale di vario genere, anche di abiti. Scattò anche un provvedimento di sequestro di beni che, grazie alle assoluzioni, sono tornati nella sua disponibilità. Per oltre trent’anni è stato uno dei politici più noti e affermati della città di Alcamo ma non solo.

Ha ricoperto numerosi incarichi istituzionali (consigliere comunale, assessore e vice-sindaco) ma anche di partito nel Psi. Pasquale Perricone, oggi 69enne, fondò anche un movimento autonomo, Area Democratica, che nel 2012 riuscì a raccogliere il 13% dei consensi eleggendo 4 consiglieri comunali a sostegno del sindaco Sebastiano Bonventre. Nello stesso anno si candidò all’Ars, ma non venne eletto, nella lista Megafono di Rosario Crocetta. Nel 2016 cominciarono i suoi guai giudiziari con il coinvolgimento in ben quattro. Un castello enorme di accuse, anche di essere vicino alla famiglia mafiosa dei Melodia, smontato però dalle sentenze che via via si sono susseguite nel corso deli anni.

Tre assoluzioni con formula piena, l’ultima al tribunale di Trapani, dove Perricone doveva rispondere di interessi privati con il liquidatore della fallita cooperativa Cea. Il reato era già andato in prescrizione ma il pm chiese ugualmente l’assoluzione per l’ex politico. Nel dicembre del 2021 arrivarono anche misure patrimoniali e personali con un sequestro di beni di circa due milioni e mezzo di euro. Proposta poi respinta dall’istruttoria di primo grado. Anche qui, come per le altre sentenze di assoluzione, la procura non si è appellata facendo diventare definitivi i verdetti. I beni quindi riconsegnati. Perricone è finito nuovamente in carcere con pesanti accuse perché ritenuto dagli inquirenti il punto di raccordo tra la mafia locale e l’ex senatore.

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