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Il vescovo Giurdanella: il terremoto del Belìce non sia cancellato dall’agenda politica

Il vescovo Angelo Giurdanella

«Il Belìce non può essere cancellato dall’agenda della politica». È questo il monito del Vescovo di Mazara del Vallo monsignor Angelo Giurdanella durante l’omelia per la santa messa commemorativa del 55° anniversario del terremoto del Belìce. La celebrazione si è tenuta nella chiesa madre di Partanna, alla presenza del sindaco Nicola Catania e di alcuni colleghi del Belìce. Il Vescovo ha ribadito che «non è solo necessario concludere la ricostruzione ma porre attenzione alla salvaguardia delle opere già esistenti». Monsignor Giurdanella ha fatto appello alla «collaborazione fra tutti», alla «creazione di sinergie per lo sviluppo di questo territorio». Il Vescovo ha ricordato la figura di don Antonio Riboldi, parroco rosminiano che operò a Santa Ninfa nel periodo del sisma. «Dobbiamo fare memoria di quanti si sono spesi per la ricostruzione, spesso alzando anche la voce», ha detto monsignor Giurdanella.

Un lungo cammino, troppi decenni e un capitolo ancora aperto. A 55 anni dal sisma che nel 1968 colpì la Valle del Belìce si commemorano i morti e si parla ancora di ricostruzione: «Ma lo Stato ha cancellato dal suo bilancio anche il capitolo di spesa attraverso cui passavano i finanziamenti per la ricostruzione. Il tempo, inesorabile lento guaritore, ha chiuso il problema, senza tuttavia averlo risolto», afferma Vito Bonanno, già sindaco per dieci anni a Gibellina, che conosce bene ciò che è successo nel Belìce. Da coordinatore dei sindaci, prima che Nicola Catania prendesse il testimone, Bonanno ha seguito le vicissitudini di una lunga ricostruzione: “Solo nel 1996 il Parlamento riconobbe gli enormi danni causati da ritardi e carenza di adeguate risorse finanziarie - racconta Bonanno - ma il ‘debito moralè dello Stato verso queste terre e questa gente benché riconosciuto, non è stato mai onorato».
Nella Valle del Belìce quella che si è fatta forte è stata la voce dei sindaci nei decenni: «Tra il 2006 e il 2009 è stato l’impegno dei primi cittadini a riportare l’attenzione dello Stato sulle esigenze di giustizia, di sviluppo e rilancio della Valle e sul diritto al futuro delle nuove generazioni del Belìce», dice ancora Bonanno. Non sono bastate, però, le visite dell’allora Presidente della Camera Fausto Bertinotti e di due Presidenti della Repubblica (Giorgio Napolitano e Sergio Mattarella) per richiamare Governo e Parlamento e accelerare il completamento di una ricostruzione. All’appello mancano ancora 200 milioni di euro per le opere pubbliche e 250 milioni per l’edilizia privata. L’ultimo elenco stilato del reale fabbisogno per chiudere la ricostruzione risale al 2011. Negli ultimi anni in Finanziaria non sono state più inserite le somme da destinare al Belìce. «Il tempo, inesorabile lento guaritore - dice con amarezza Vito Bonanno - ha chiuso il problema, senza tuttavia averlo risolto».

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