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Pantelleria, chiude il punto nascita: il sindaco inizia lo sciopero della fame

Il sindaco, ma anche il vice sindaco e il presidente del Consiglio Comunale di Pantelleria protestano e fanno lo sciopero della fame ad oltranza. "Pantelleria sta combattendo due battaglie: una contro il Coronavirus, come tutta Italia, ed un’altra per assicurare la possibilità di partorire senza rischio contagio alle partorienti pantesche, private del Punto Nascita isolano", si legge in una nota del sindaco Vincenzo Campo, del vice sindaco Maurizio Caldo e di Erik Vallini, il presidente del Consiglio Comunale.

"L’isola è rimasta finora a contagi zero - spiegano -, ma si trova nella disperata situazione di dover far partorire le gestanti per forza sulla terraferma, perché il Punto Nascita, in funzione fino alla fine dello scorso febbraio in deroga, è stato chiuso. L’ultima gestante che ha partorito a Trapani questa settimana, da sola, senza alcuna assistenza dei familiari, ha testimoniato un travaglio ancora più sofferto e preoccupato, in un nosocomio adibito anche ai pazienti con Covid".

"Analoga sorte per i malati oncologici che devono fare le terapie in terraferma. Questi pazienti, più fragili, così come le donne che devono partorire, non corrono solo un rischio costante di contagio per sé stessi, ma nel tornare a Pantelleria, rischiano di portare anche il contagio sull’isola. A nulla sono valse lettere, proteste, petizioni popolari indirizzate all’Assessore Regionale Ruggero Razza in questi mesi. A nulla sono valsi gli appelli del Comitato delle Mamme e del sindaco: i panteschi e Pantelleria non sembrano meritare considerazione ed una risposta", proseguono.

“Visto che né le vie burocratiche ufficiali, né gli appelli accorati sono stati sufficienti a smuovere l’Assessore Razza, che non si è nemmeno degnato di rispondere ad un’intera comunità - aggiungono - abbiamo deciso di iniziare lo sciopero della fame e lo continueremo fintanto che l’Assessore Razza non ci darà delle garanzie sull’apertura del Punto Nascita dell’ospedale Nagar. Ci troviamo nella condizione paradossale di aver fatto sacrifici enormi per preservare l’isola dai contagi e siamo costretti ad inviare i nostri concittadini più fragili in territori con il virus, mettendoli a rischio e mettendo a rischio l’isola stessa".

"L’impressione è che ancora una volta si giochi sulla pelle dei panteschi. La nostra posizione geografica e isolata ci rende ancor più vulnerabili. Un contagio sull’isola - concludono -, con un ospedale praticamente vuoto e a 120 km dalla terra ferma, significherebbe una strage.”

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