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Vendemmia in Sicilia, è tempo di bilanci: meno vino nel 2020 ma di migliore qualità

Una domanda classica alla fine dell’anno: cosa ci riservano i 12 mesi che stanno per arrivare? Nel mondo del vino è possibile rispondere con la ragionevole certezza di azzeccarci. Il vino siciliano nel 2020 si appresta a vivere una stagione felice. È ciò che è scaturito dall’evento ospitato a Marsala nel baglio di Caruso&Minini per il primo report sulla vendemmia 2019. Al talk show, condotto da Angelo Scuderi, hanno partecipato Nino Aiello (giornalista de Le Guide del Gambero Rosso), Luigi Salvo (Ais – Associazione italiana Sommelier), Stefano Caruso (agronomo e viticultore), Gianfranco Marrone (ordinario di semiotica dell’Università di Palermo e scrittore).

Le analisi della vendemmia, nelle più apprezzate zone della Sicilia, hanno fornito un dato omogeneo determinato da condizioni climatiche che non hanno registrato sostanziali differenze in tutta la regione. “La vendemmia ci regala un’aspettativa molto alta – sostiene Andrea Caruso - le uve hanno raggiunto una qualità di grande livello anche se proprio il clima freddo della parte finale della primavera scorsa ha determinato un decremento produttivo comune a tutto il territorio siciliano. Con questa premessa, dalle aziende della zona collinare di Trapani a quelle che operano sull’Etna, ci accingiamo a confermare la buona reputazione che il vino siciliano ha saputo guadagnarsi sui mercati nazionali e internazionali”.

“La Sicilia ormai è credibile – sottolinea Nino Aiello – e la sua qualità del tutto riconoscibile. Pensiamo, per esempio, al grande lavoro fatto dalle aziende etnee che ormai da circa un decennio hanno garantito nuova linfa al mercato regionale. Oggi la Sicilia si presenta con qualità e dignità perché ha saputo utilizzare al meglio l’esperienza di tante aziende storiche coniugandole con le ragioni del marketing. Il risultato è che il brand Sicilia funziona”.

Da Luigi Salvo, tra i più apprezzati maestri sommelier siciliani, arrivano le note di merito per i vitigni autoctoni siciliani, dal nerello mascalese della zona dell’Etna al catarratto. Ma una menzione particolare la dedica al grillo, “che qualcuno dava per defunto e invece può rappresentare una fattore importante per il consolidamento della specificità siciliana nei mercati nazionali e internazionali”. Il richiamo di Gianfranco Marrone riguarda proprio le specificità siciliane. “Ma se in Sicilia si può produrre uno chardonnay di qualità, perché rinunciare? La tradizione si costruisce giorno dopo giorno pensando sempre al futuro. Anche perché non è detto che tutto ciò che arrivi dal passato sia preferibile al presente. E soprattutto non dimentichiamo la cosa più importante, il piacere di bere vino al di là di mode, tendenze e di ogni tecninicismo”.

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