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Impianti eolici offshore, pioggia di domande in Sicilia

Già autorizzato quello al largo di Marsala, investimenti per 25 miliardi al 2030 nel Mezzogiorno

Gli eurodeputati chiedono che sia data ai pescatori l'ultima parola sull'Eolico offshore

Sono tre i progetti di eolico offshore già approvati dal ministero dell’Ambiente e della sicurezza energetica: al largo di Marsala, fra Brindisi e Lecce e al largo di Manfredonia (Foggia). Ma sono già oltre 70 i progetti presentati, nel mare di Sardegna, Sicilia, Calabria e Puglia. Sono i dati che fornisce all’Ansa Aero, l’associazione italiana delle imprese dell’eolico offshore, che riunisce 26 società nazionali e straniere.

In Italia le turbine eoliche in mare si possono installare soltanto in alcune zone, a causa delle condizioni del vento: il sud, l’ovest e il nordest della Sardegna, il Canale di Sicilia, un arco di Adriatico e Ionio che dal Gargano in Puglia arriva alla Sila in Calabria.

Le turbine in genere non possono essere piantate sui fondali (come nel Mare del Nord), perché il Mediterraneo è molto profondo. Quindi devono essere posizionate su piattaforme galleggianti ancorate al fondo. Il che rende più difficile l’installazione e fa aumentare i costi. Il vantaggio dell’eolico offshore rispetto a quello terrestre è che le pale sono invisibili da terra, e non pongono problemi al paesaggio.

Il progetto al largo di Marsala è stato presentato da GreenIt (joint venture fra Plenitude e Cdp Equity) e dal fondo Ci Iv gestito da Copenhagen Infrastructure Partners. Prevede 21 turbine da 12 megawatt ciascuna, per un totale di 250 Mw.

L’europea Galileo e la barese Hope hanno ricevuto il via libera per un parco eolico da 525 Mw nel mare fra Brindisi e Lecce, con 35 pale da 15 Mw ciascuna. Al largo di Manfredonia, Seaenergy vuole installare 68 turbine da 15 Mw, per un totale di 1.020 Mw, su 85 km quadrati fra 10,5 e 16 km dalla costa.
I target europei prevedono 8,5 gigawatt di eolico offshore al 2030 in Italia e 18,5 al 2040. Sono richiesti investimenti per 25 miliardi di euro al 2030 e 55 miliardi al 2040, con la creazione di migliaia di posti di lavoro. Al settore servono grandi quantità di acciaio per le pale e le piattaforme (mercato appetibile per l’Ilva di Taranto), cantieri portuali per la costruzione, cavi sottomarini e impianti di accumulo.

L’eolico offshore porterà anche alla mancata emissione di 13.000 tonnellate di Co2 all’anno al 2030 e di 28.000 tonnellate al 2040, col risparmio di 2,2 milioni di tonnellate equivalenti di petrolio al 2030 e di 4,8 milioni di tonnellate al 2040.

Il Decreto legge energia del novembre scorso ha previsto due poli nel Mezzogiorno per la costruzione delle piattaforme galleggianti per le pale. Ma Aero ritiene che siano insufficienti, e ne chiede almeno 4. L’associazione, presieduta da Franco Mamone Capria, chiede anche al governo un quadro regolatorio chiaro, un piano pluriennale di incentivi (con il Decreto Fer 2 sulla rinnovabili) e procedure autorizzative più semplici e rapide.

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