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Al via a Marsala il recupero di una nave romana naufragata oltre 1.600 anni fa

L'assessore ai beni culturali Scarpinato: "Il mare continua a regalarci frammenti di storia"

Hanno preso il via, questa mattina, le operazioni di recupero del relitto di epoca romana rinvenuto nel luglio del 2020 davanti alla costa di Marsala, nel Trapanese. L’intervento, denominato «Marausa 2», è effettuato sotto la direzione degli archeologi dalla Soprintendenza del mare e ad opera di personale subacqueo specializzato dell’impresa «Vullo Antonio» di Favara, che si è aggiudicata i lavori per circa 500 mila euro, a valere sul «Patto per il Sud 2014-2020».

Il tempo stimato per l’esecuzione è di 270 giorni. Dalle indagini eseguite, il relitto, potrebbe essere stato una nave oneraria (adibita al trasporto di merci), del IV secolo d.C. “Mozia, Lilibeo e Drepanum, porti di riferimento in età diverse nelle rotte mediterranee, continuano a rivelare sorprendenti testimonianze archeologiche. Attraverso attività di recupero, come quella che avviamo oggi, e di conservazione dei reperti che il mare continua a regalarci, continuiamo a ricostruire frammenti del nostro passato, elementi della storia della nostra Isola, da sempre crocevia di traffici e di culture», dice l’assessore ai Beni culturali, Francesco Paolo Scarpinato

Nel luglio 2020 la segnalazione della presenza di frammenti d’anfora e di resti lignei da parte di un subacqueo consentì di localizzare a meno di 100 metri dalla battigia e a circa 2 metri di profondità, la presenza di un relitto di epoca romana. Dopo un primo sondaggio che aveva consentito di comprendere l’importanza del ritrovamento, la Soprintendenza del mare ha provveduto a mettere in sicurezza il sito coprendolo con oltre 100 sacchi riempiti di sabbia. Adesso l’avvio dei lavori di recupero dello scafo, ritenuto il “gemello» di quello già scoperto nel 1999 nello stesso luogo: sotto una spessa coltre di posidonia, allora erano stati rinvenuti i resti di una grande nave da trasporto di epoca tardo-romana adagiata sul fondo sabbioso nei pressi della spiaggia, a non più di 2 metri di profondità. Dopo essere stato recuperato, il reperto denominato «Marausa 1» è stato esposto nelle sale del museo di Baglio Anselmi, a Marsala.

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