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Marettimo, l'isola "vascello fantasma" dalle tante leggende

L’isola delle Egadi rifulge splendida nel suo isolamento: non ci sono colate di cemento in riva al mare

Marettimo

Marettimo deve alla sua antichissima insularità, 600.000 anni, la presenza sul suo territorio di ben 515 entità botaniche molte delle quali endemiche ed estremamente rare.

Interessante ma non attendibile l’interpretazione di Falzello che lega il nome di Mare-timo alle sue erbe aromatiche; molto più probabile invece la convergenza della sacralità pagana di Ierà Nèsos, l’isola sacra di Polibio, nel culto cristiano di Maria.

Dopo la vittoriosa battaglia del 241 a.C. conseguita da Lutazio Catulo a conclusione della prima guerra punica, i Romani costruirono a mezzacosta un presidio militare che, come quello precedente che i cartaginesi avevano costruito più in basso, controllava la rotta fra Capo Bon e la Sicilia.

Nella stessa zona nota come Le Case, oggi dette Romane, favorita da acque sorgive tuttora esistenti, monaci basiliani di lingua greca costruirono in epoca normanna una chiesetta sopra quella molto più grande protobizantina del V sec. In questa «scaglia di Dolomiti gettata in mare da un gigante», secondo la definizione di Giorgio Barbagallo, in questa isola «vascello fantasma», davvero poche sono le zone che consentono un approdo. A Punta Troia, quando l’isola era chiamata Gazirat Malitimah, c’era una torre di avvistamento saracena, trasformata in vero castello intorno al 1140 dal re normanno Ruggero II.

Lo fece ampliare Federico II il quale, come riferisce Emilio Milana in “La scia dei tetraedri”, era interessato a Marettimo per la cattura e l’a d d estramento del falco pellegrino; un argomento su cui l’i m p e r a t o re aveva scritto il trattato De arte ve - na nd i cumav i bu s . Non a caso la maggiore cima dell’isola si chiama Pizzo Falcone, dove alcune coppie di falconi nidificano ogni anno sempre negli stessi luoghi. Un esempio della ricca avifauna, sia migratoria che stanziale, presente a Marettimo.

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