Trapani

Venerdì 22 Novembre 2024

Nel clan di Alcamo scontro tra falchi e colombe

A mettere le cose a posto ci pensava sempre Francesco Cicco Coppola. Era lui che teneva a bada i recalcitranti rampolli che non ne volevano sapere di ritardi o di sconti su quanto gli imprenditori taglieggiati dovevano versare alle casse di Cosa nostra. Un clima che si era fatto incandescente all’interno della cosca tra chi voleva la pax e chi invece non ammetteva sgarri. È quanto emerge dalle intercettazioni del blitz antimafia di ieri (16 settembre) nel Trapanese, che ha portato all'arresto di 10 persone e tra queste l'ex senatore Nino Papania. Chi scalpitava, per via del suo carattere focoso, era sempre Giosuè Di Gregorio, 54 anni, di Castellammare del Golfo, che mal sopportava l’atteggiamento perennemente pacifico di Francesco Coppola, 64 anni, di Alcamo. Di Gregorio era in pratica il braccio dell’organizzazione mafiosa, secondo gli inquirenti, quello che in buona sostanza scendeva in campo in prima persona, interloquiva e minacciava se era il caso. Un uomo che quindi si esponeva, ritenuto pure una sorta di testa calda in grado anche di passare alla violenza fisica se fosse stato necessario. Proprio per questo si era messo sul naso Coppola. Il cinquantaquattrenne manifestava un’aperta critica al “nuovo corso”, per l’appunto sorretto da Francesco Coppola, finalizzato a “mantenere la pace” nel territorio.  È quanto emerge dalle intercettazioni del blitz antimafia di ieri (16 settembre) nel Trapanese, che ha portato all'arresto di 10 persone e tra queste l'ex senatore Nino Papania. Di Gregorio oltretutto non era l’unico a manifestare questa insofferenza, altri erano stati gli screzi interni all’organizzazione: «Cicco Coppola - diceva in un’intercettazione Di Gregorio - sta facendo minchiate. Far fare la pace a tutti non è neanche buono... la colpa è la nostra perché prima di fare certe cose dovrebbero dire a me... al momento dei soldi sono tutti bravi... Io gliel’ho detto l’altra volta... gli ho detto questo... quando siamo passati da te... gli ho detto questo... vedi che tu la devi finire di mettere pace». Ed effettivamente Di Gregorio mostrava che questa strategia attendista rischiava di far saltare il banco. Più che altro le lamentele erano legate al fatto che venivano meno risorse economiche per gli affiliati al clan. E si sa che quando si mettono le mani in tasca ai mafiosi gli equilibri davvero rischiano di saltare. Sempre nell’intercettazione Di Gregorio sostiene che con Coppola aveva parlato chiaro, facendo riferimento alla riscossione delle estorsioni: «Allora gli ho detto ti devi andare a prendere debiti e crediti... i crediti ti l’asiggiri e i debiti va pagali... Questi li devi fare fermare a questi prima e poi raccogli! Non è che tu fai... di qua... vuoi raccogliere e di là e non ti interessa, no? Si devono sistemare anche le altre cose». M a la pazienza si stava esaurendo in particolare nella gestione di tre grandi estorsioni che, sempre sulla base delle intercettazioni captate dagli investigatori, avrebbero dovuto fruttare 50 mila euro ciascuna. A libro paga sarebbero finiti gli imprenditori Vincenzo Pollina, Massimo Mulè detto “Masino” e Ignazio Blunda, i primi due con interessi ad Alcamo nel settore dell’edilizia, del movimento terra e della commercializzazione di autovetture, mentre l’ultimo impegnato nella distribuzione alimentare e nel mercato immobiliare. «Ogni mese ci dovrebbero entrare venti... trentamila euro al mese...” diceva in un’altra intercettazione sempre Di Gregorio ad un altro degli indagati di questa operazione, l’alcamese Gregorio Ascari. Coppola aveva ad un certo punto intimato di non recarsi da imprenditori per riscuotere quanto preteso e questo aveva spinto il cinquantaquattrenne a perdere la pazienza: “... non mi ci ha voluto fare andare da Vincenzo Pollina... mi ha fermato lui... ma ci sto andando lo stesso... fai conto che la settimana entrante lo faccio... qua mi deve dare cinquantamila euro lui... cinquantamila euro Masino Mulè e cinquantamila euro Ignazio quello di Castellammare (Blunda, ndr)». Di Gregorio aveva anche trovato il braccio armato per compiere un atto intimidatorio che però, anche in questo caso, venne bloccato da Coppola che invitò a “temporeggiare”.

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