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Nell'indagine sui fiancheggiatori di Messina Denaro anche il nome di un oncologo

È il medico trapanese Filippo Zerilli. Il dischetto della Tac, che sarebbe stato mostrato al medico, è stato trovato e sequestrato all’interno del covo di Campobello di Mazara dopo la cattura del capomafia

La polizia scientifica al lavoro sull'auto del boss

Spunta il nome dell’oncologo trapanese Filippo Zerilli nell’inchiesta sulla rete che ha protetto Matteo Messina Denaro che ieri ha portato a tre arresti, tra cui quello del tecnico radiologo dell’ospedale di Mazara del Vallo Cosimo Leone, accusato di concorso esterno in associazione mafiosa.

Leone avrebbe fatto fare una tac in tempi record al boss malato di cancro, e gli avrebbe poi consegnato, mentre il boss era ricoverato, il cd di una Tac fatta il 10 novembre del 2020 sotto falsa identità.
Il dischetto, poi mostrato all’oncologo, è stato trovato e sequestrato all’interno del covo di Campobello di Mazara dopo la cattura del capomafia. Zerilli - l’indiscrezione sull’indagine a suo carico uscì subito dopo l’arresto del boss - sarebbe dunque tra i medici che incontrarono il latitante.

Quello delle cure sanitarie a cui Messina Denaro è stato sottoposto dalla diagnosi del tumore a novembre del 2020 alla cattura avvenuta alla clinica palermitana dove si sottoponeva alla chemioterapia, è uno dei filoni su cui si concentrano le indagini del Ros e dei pm palermitani.
E Leone sarebbe stato una pedina centrale «nel delicatissimo snodo del percorso terapeutico del latitante, ovvero la prima visita oncologica e l’avvio dell’iter diagnostico-terapeutico», mostrando «pronta e sicura affidabilità nel fare da sponda alle esigenze del latitante, quale nel caso concreto il ritiro del Cd della Tac e la consegna al latitante».

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