«È una indagine che mi lascia perplesso. Ho visto ipotesi di contestazione di reato inedite»: Antonello Cracolici ammette di aver letto sommariamente le accuse che la Procura di Trapani ha avanzato a carico del deputato del Pd Dario Safina, finito agli arresti mercoledì mattina. E da presidente dell’Antimafia, oltre che da dirigente di un partito che si è sempre mosso a difesa della magistratura, si trova adesso a esprimere qualche dubbio su una inchiesta che potrebbe anche creare dei precedenti in grado di cambiare il modo di fare politica in Sicilia.
La premessa di Cracolici è che bisogna attendere l’evolversi giudiziaria della vicenda. Ma poi il presidente della commissione regionale Antimafia entra nel merito dell’inchiesta: «Ho più di un dubbio sulla sostenibilità delle tesi dell'accusa. Anche se è ovvio che toccherà agli avvocati della difesa dimostrare che sia così».
I dubbi di Cracolici riguardano soprattutto il reato di corruzione. A Safina viene contestato di aver truccato dei concorsi quando era assessore ai Lavori pubblici del Comune di Trapani ma soprattutto di essersi accordato con l’azienda City Green Light anticipando ai suoi dirigenti alcuni dettagli di un bando, con la procedura del project financing, per la manutenzione dell’illuminazione pubblica. E su questi punti Cracolici si pone degli interrogativi: «Come si fa a turbare il project financing che prevede proprio un dialogo con gli imprenditori coinvolti nella procedura? Mi pare un aspetto cruciale di una vicenda complessa».
E c’è un altro aspetto su cui il presidente della commissione Antimafia si pone degli interrogativi. È quello legato ai 50 mila euro che la City Green Light ha versato al Comune «per alcune iniziative non meglio identificate». Secondo l’accusa sarebbero la prova della corruzione. I magistrati parlano di «un tornaconto politico elettorale» di cui avrebbe beneficiato il politico trapanese dall’attribuire vantaggi all’azienda che si aggiudicava gli appalti. Cracolici si interroga su questa interpretazione del reato: «Se ho capito bene, qui non si tratta di denaro erogato a favore dell'indagato ma per realizzare interventi utili alla cittadinanza. E quindi il punto è la corruzione connessa a un’utilità politica. Ma le elezioni Regionali a cui si è candidato Safina si sono svolte due anni dopo i fatti contestati. I tempi mi sembrano troppo dilatati per far intravedere una connessione fra il suo intervento per le luminarie e il consenso elettorale». È una premessa che serve a Cracolici per arrivare a un altro dubbio sull’indagine: «Non ricordo ipotesi di corruzione per aver prodotto un vantaggio all'ente che amministri».
E, soprattutto, Cracolici non nega di essere perplesso su un altro punto: «Chi amministra è giusto che si occupi anche delle luci di natale. Chi svolge una funzione elettiva è naturalmente chiamato a guardare anche al consenso elettorale. È la democrazia, funziona così». È il nodo cruciale, dal punto di vista politico, dell’inchiesta.
E proprio per questo motivo Cracolici invita alla prudenza: «Non esiste un dogma sacro. Quella contro Safina finora è una tesi accusatoria e bisognerà vedere la capacità di difendersi che il deputato e i suoi legali sapranno mettere in campo».
Il fatto che l’inchiesta abbia ancora dei punti da chiarire non impedisce però a Cracolici di sposare la cautela con la quale il segretario del partito, Anthony Barbagallo, e il capogruppo all’Ars, Michele Catanzaro, hanno affrontato il caso a caldo: dicendosi stupiti e vicini a Safina ma senza prendere le distanze dalla magistratura. «È una indagine particolare. Il partito non può che stare fermo per ora in attesa degli sviluppi. E bene ha fatto Safina ad autosospendersi».
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