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Il mese decisivo per la cattura di Messina Denaro: parla Sandokan, uno degli autori del blitz in casa della sorella

Mentre lavorano per piazzare una cimice, gli investigatori trovano il pizzino con gli appunti sulle visite mediche

Il blitz che ha portato all'arresto di Rosalia Messina Denaro. Un frame del video diffuso dai carabinieri

Il suo volto deve restare coperto, come la sua identità. Ma con il nome in codice, Sandokan, l’investigatore del CrimOr, la prima sezione del primo reparto investigativo del Ros, racconta i dettagli della ispezione in casa della sorella di Matteo Messina Denaro, dalla quale è di fatto partito lo scacco matto al boss latitante da 30 anni, esattamente un anno fa. Un momento di grande emozione, quello provato dai 35 carabinieri che costituivano il gruppo di indagine sulla ex primula rossa, quando dal sottofondo di una sedia è saltato fuori un foglietto con date e sigle.

Perché è stato ritenuto subito un indizio importante? «Intanto, era già sospetto il nascondiglio», racconta Sandokan, ricordando in una doppia intervista a Tgs e Gds, la giornata del 6 dicembre 2022, trascorsa assieme a due colleghi nell’abitazione di Rosalia a Castelvetrano. Una incursione dietro alla quale c’erano già mesi di studio e continue osservazioni. E che doveva essere fatta in sicurezza e velocità, senza il rischio di essere visti dai vicini.

«Entriamo in casa di Rosalia, in via Alberto Mario - continua Sandokan -. E là troviamo l’appunto scritto a penna su una ricevuta postale nel sottofondo di una sedia, chiuso con un tappo. Non c’è il tempo di capire subito cosa fosse quello scritto, ma era senz’altro importante per il modo in cui era stato nascosto. Ci dava già l’idea che si trattasse di qualcosa che non si doveva trovare». I tre uomini del Ros hanno fretta: devono piazzare due microspie, devono poi uscire dall’abitazione senza destare sospetti e dopo avere rimesso tutto a posto. Il sopralluogo, mentre la donna è fuori, dura circa un’ora.

Ma se fosse rientrata all’improvviso? «Prima di fare un intervento studiamo l’obiettivo - aggiunge il carabiniere -. Sappiamo che quel giorno Rosalia deve uscire e ci prepariamo. Un lavoro che dura mesi, non si improvvisa in un giorno o in una settimana». Una volta saliti al primo piano, gli investigatori cercano il posto ideale per piazzare la cimice e, rovistando tra gli arredi, trovano il «pizzino». Il tappo viene tolto ed il foglietto aperto, fotografato e rimesso a posto con tecniche di grande precisione in pochi secondi. Siamo ritornati alla base e sono partiti gli accertamenti incrociati sull’appunto».

Intanto, non era riferibile a nessuno dei personaggi già obiettivo delle indagini. Non era una persona nota, si dice in gergo investigativo. E che per esclusione poteva trattarsi proprio del padrino. Al quale si arriva, interpretando date, orari e sigle C (ciclo) e C (chemioterapia) segnati nell’appunto da Rosalia e che, come dimostrato poi dagli accertamenti incrociati con l’Asp, non corrispondevano ai movimenti del vero Andrea Bonafede, il nome alias usato dal paziente Matteo Messina Denaro. Bingo.

Il flash sulla cattura viene battuto alle 9.15 del 16 gennaio. Le prime notizie lasciano basiti: l’uomo più ricercato d’Italia è stato preso in una delle cliniche private più note della città di Palermo, La Maddalena, poco prima di sottoporsi all’ennesima seduta per la cura del cancro che dopo qualche mese lo ucciderà. Gli investigatori del Ros scoprono che la Primula Rossa di Cosa nostra dunque era in cura a pochi chilometri dal suo paese, Castelvetrano. Ma solo dopo mesi sarà davvero chiaro come i carabinieri siano arrivati a prendere l’ultimo latitante di Cosa nostra. Che a portarli sulle tracce di Messina Denaro sia stata involontariamente la sorella del boss, Rosalia, arrestata due mesi dopo.

Dalla scoperta del biglietto la macchina investigativa si è messa in modo e attraverso uno screening dei malati di tumore di tutta Italia i carabinieri arrivano a un paziente compatibile per età e luogo di residenza al capomafia. Il suo nome è Andrea Bonafede, un geometra di Campobello di Mazara nipote del capomafia Leonardo. Ma quando il paziente Bonafede risultava in cura alla Maddalenna, il vero Bonafede era da tutt’altra parte. Il sospetto prende corpo: il 14 gennaio i militari scoprono che il malato si sarebbe sottoposto alla chemio il lunedì successivo. E organizzano il blitz. Dall’arresto - Messina Denaro viene portato nel supercarcere dell’Aquila - è un susseguirsi di scoperte: dalla rete dei fiancheggiatori (finora ne sono stati presi 9), ai covi di Campobello pieni di pizzini e appunti, ai soldi sequestrati: circa 800mila euro cash. Inizia una nuova fase delle indagini: ricostruire i 30 anni di latitanza del capomafia.

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