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L'autista di Messina Denaro: «Ci davamo appuntamento con i pizzini»

Giovanni Luppino, l’imprenditore arrestato insieme al boss, ha detto di non sapere che l’uomo accompagnato alla clinica Maddalena per le terapie il giorno del blitz fosse il latitante

Arresto Matteo Messina Denaro i carabinieri del Ros davanti alla clinica Maddalena dove è stato catturato

Ha chiesto di essere sentito dal gip all’udienza preliminare che lo vede imputato di associazione mafiosa Giovanni Luppino, l’imprenditore arrestato insieme a Messina Denaro il 16 gennaio scorso e accusato, tra l’altro, di aver fatto da autista al capomafia.

L’imputato inizialmente aveva detto di non sapere che l’uomo accompagnato alla clinica Maddalena per le terapie il giorno del blitz fosse il latitante. Il padrino gli avrebbe dato un nome falso e gli avrebbe chiesto un passaggio. Una versione smentita dalle indagini che oggi Luppino ha parzialmente modificato.

«Andrea Bonafede, mio compaesano che non frequentavo abitualmente nel 2020 mi presentò un uomo sostenendo che fosse suo cugino e chiedendomi di accompagnarlo a Palermo per delle cure - ha detto Luppino ai pm Piero Padova e Gianluca De Leo.

Un giorno, però, il passeggero, conosciuto col nome di Francesco, si sentì male durante uno dei viaggi per il capoluogo e all’invito di Luppino di andare in ospedale avrebbe detto: «portami a casa, sono Messina Denaro non posso andare in ospedale».

Da allora «per ragioni umanitarie», sapendo che il boss era gravemente malato, l’imputato l’avrebbe continuato ad accompagnare alle terapie. Il padrino gli avrebbe di volta in volta lasciato nella cassetta delle poste un biglietto con l’orario dell’appuntamento successivo. Una versione che, per gli inquirenti, fa acqua da più parti.

Luppino ha negato di avere rapporti di frequentazione con Bonafede e con la cugina Laura, altra favoreggiatrice del boss, ma gli investigatori hanno scoperto che la donna ha battezzato i figli dell’imprenditore.

Le indagini, inoltre, hanno accertato che Luppino, prima delle manette, avrebbe chiesto denaro ad alcuni imprenditori dicendo che era un emissario del padrino di Castelvetrano e che i soldi erano destinati al boss. Circostanza confermata dai testimoni a cui l’autista del capomafia aveva chiesto le somme che hanno negato però di aver pagato. Dalle analisi delle celle telefoniche di Luppino risulta, inoltre, che questi avrebbe portato il capomafia in clinica per ben 50 volte in due anni.

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