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Mafia, Matteo Messina Denaro era infastidito per i latitanti nella sua zona

Il particolare viene fuori dall'inchiesta che ha portato all'ultima operazione condotta dalla polizia e dall'Fbi. Ne parlano due dei sette arrestati

Il boss mafioso Matteo Messina Denaro in un fermo immagine dopo l'arresto dai carabinieri del Ros, dopo 30 anni di latitanza, Palermo, 16 gennaio 2023. ANSA/US CARABINIERI +++ NO SALES, EDITORIAL USE ONLY +++ NPK +++

Erano riusciti perfino a fare innervosire il boss Matteo Messina Denaro perché non gli avevano comunicato che Mimmo Raccuglia, il capomafia di Altofonte, si nascondeva in provincia di Trapani. L’ex primula rossa di Cosa nostra - morto il 25 settembre nell’ospedale dell’Aquila - che per 30 anni era riuscito a sfuggire alla cattura, andò su tutte le furie quando aveva saputo che un altro uomo d’onore aveva scelto proprio il suo stesso territorio per sfuggire alle forze dell’ordine. A distanza di 15 anni da quell’episodio - Raccuglia era stato preso nel novembre del 2009 a Calatafimi-Segesta, dopo 13 anni di latitanza - Giovan Battista Badalamenti, uno dei capi indiscussi e storici della famiglia mafiosa di Torretta, ma residente da tempo negli Stati  Uniti, e suo nipote Salvatore Prestigiacomo, anche lui affiliato che teneva i rapporti con i cugini d’Oltreoceano, ne parlavano ancora, mostrando timore e rispetto per il boss di Castelvetrano. I due sono finiti, assieme ad altre cinque persone e a dieci esponenti della mafia di New York, nella retata scattata  dopo le indagini internazionali di polizia e Fbi.

La sera del 20 luglio di quest’anno, Badalamenti, 79 anni, e Prestigiacomo si erano incontrati per scambiarsi alcuni aggiornamenti sui più recenti avvenimenti delle cosche ma, in quell’occasione, c’era stato spazio per le confidenze e per rievocare alcuni episodi del passato. Ed erano stati intercettati dagli investigatori. Prestigiacomo aveva raccontato dell’insofferenza di Messina Denaro quando gli avevano detto che Raccuglia si era rifugiato in incognito a Calatafimi-Segesta: «Quando è andato a finire a… a Trapani, i trapanesi non sapevano niente», aveva introdotto l’argomento. Ma era stato lo zio a spiegare meglio la reazione del mafioso di  Castelvetrano, che era rimasto nel paese dove era nato, nonostante fosse il numero uno dei ricercati, e quindi non gradiva che qualcun altro potesse attirare l’attenzione delle forze dell’ordine nella sua zona. «Messina Denaro - aveva spiegato Badalamenti abbassando addirittura il tono della voce -  si siddiò. Dice: “Ma questo dduocu che ci faceva senza che io ne so niente?”. Quando poi lo hanno preso, dice:”‘Ma questo qua che ci faceva senza che io so niente?’ Dice: “Come tu non sai niente? Ma non l’hai avuto detto?”. Dice: “Io non so niente, dice, di questa cosa”. E ci eravamo visti qualche quattro, cinque giorni prima».

Intanto il gip ha convalidato i fermi disposti dalla Procura a carico di sei esponenti delle famiglie mafiose di Torretta, Borgetto e Partinico accusati, a vario titolo, di associazione mafiosa, estorsione, danneggiamento e incendio. Il giudice ha disposto la custodia cautelare per Francesco Rappa, tornato a guidare la famiglia di Borgetto: il boss si è avvalso della facoltà di non rispondere e, nonostante i suoi 81 anni, è rimasto in cella. Il suo legale ha chiesto una perizia per stabilire se la sua età è compatibile con la reclusione. Resta in carcere Salvatore Prestigiacomo di 50 anni, mentre Maria Caruso, Giacomo Palazzolo e Salvatore Prestigiacomo di 54 anni vanno ai domiciliari. Per Isacco Urso, invece, il giudice ha deciso gli arresti ospedalieri. L’indagato era già ricoverato all’ospedale Villa Sofia. 

 Le indagini hanno confermato l’esistenza di strettissimi rapporti con la cosca newyorkese dei Gambino: le autorità americane avevano trattenuto dieci persone. Joseph Lanni, meglio noto come Joe Brooklyn o Mommino; Kyle Johnson, detto Twin; Diego «Danny» Tantillo e Angelo «Fifì» Gradilone sono stati arrestati. Salvatore DiLorenzo è stato rilasciato con una cauzione mezzo milione di dollari mentre a Vito Rappa, il figlio di Francesco, ritenuto il collegamento tra i Gambino e gli uomini d’onore palermitani; Francesco «zio Ciccio» Vicari; Vincent «Vinny Slick» Minsquero e Robert Brooke  è stata concessa la libertà dietro il pagamento di una cauzione di un milione di dollari. Ma il loro rilascio è stato sospeso per 24 ore in modo che il governo americano possa fare appello contro questa possibilità.

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