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Messina Denaro, a Castelvetrano l'ultimo saluto della famiglia

Al cimitero i parenti più stretti e la figlia Lorenza e un fitto cordone di polizia. Assenti le altre due donne della famiglia: Patrizia, in cella dopo una condanna a 14 anni, e Rosalia, arrestata nei mesi scorsi

Sono entrati alla spicciolata frettolosamente. Le donne vestite di nero. Maschere impassibili, nemmeno un’occhiata alle mille telecamere che, da ore, aspettavano di cogliere un loro sguardo, una loro espressione di dolore. La famiglia c’era tutta. Almeno quella che non è dietro le sbarre. Mancava solo la madre, Lorenza Santangelo, malata da anni e costretta a casa.

La bara di cedro chiaro con le spoglie dell’ultimo stragista di Cosa nostra, Matteo Messina Denaro, partita ieri dall’ospedale dell’Aquila, è arrivata verso le otto dopo una notte di viaggio. Il cimitero di Castelvetrano era off limits da ore. Vietato l’accesso agli estranei.
Salvatore, il maggiore dei maschi del capostipite, don Ciccio, che per un istante ha accarezzato il feretro attraverso il lunotto del carro funebre, teneva in mano delle rose gialle. Unici fiori di una cerimonia senza messaggi né corone. Dicono che sia stato il padrino, morto lunedì per un tumore al colon, a chiederle.

Uno a uno sono arrivati gli altri: le sorelle Giovanna, vedova di Rosario Allegra, morto in carcere dove scontava un’accusa di mafia, e Bice, moglie di Gaspare Como, detenuto da anni per lo stesso reato.

Assenti le altre due donne della famiglia: Patrizia, in cella dopo una condanna a 14 anni, e Rosalia, arrestata nei mesi scorsi: è grazie al diario clinico da lei trascritto, trovato dal Ros nella gamba di una sedia della sua abitazione a dicembre, che è scattata l’indagine che ha portato alla cattura del capomafia latitante per 30 anni.
C’erano i nipoti Francesco Allegra e Stella Como. C’era Vincenzo Panicola, da poco tornato in libertà, marito di Patrizia. C’era Lorenza Guttadauro, figlia di Rosalia, nipote e avvocata dello zio capomafia (il padre e il fratello sono in carcere). È stata l’unica della famiglia a vederlo dopo la morte. Arrivata all’Aquila quando le condizioni del detenuto erano ormai disperate, è stata chiamata a riconoscerne il corpo. Nei mesi dopo l’arresto è stata quella, della famiglia, a vederlo più spesso per concordare le strategie processuali dei dibattimenti ancora aperti e per gli interrogatori. Avvocata e nipote, doppio ruolo che ha destato non poche perplessità.

Pochi, pochissimi familiari, dunque, per una cerimonia durata una manciata di minuti. La cerchia ristretta del boss, insomma, della quale è tornata a far parte Lorenza, la figlia naturale riconosciuta dal padre solo qualche giorno prima di morire. Lasciata per divergenze con le zie la casa paterna, in cui aveva vissuto fino a 18 anni con la madre, dopo l’arresto di Messina Denaro ha ricostruito il rapporto, per anni molto difficile, col capomafia. Lettere, poi incontri in carcere che hanno spinto il padrino a darle il cognome.

Oggi, tutta vestita di nero, sguardo cupo sembrava più grande di vent’anni. Una donna compenetrata nel ruolo di figlia del capomafia che non somiglia per nulla alla ragazzina sorridente, dall’aria normale, immortalata nella foto del suo profilo Instagram quando ancora non portava il peso di un cognome tanto ingombrante.

La bara dell’ultimo stragista di mafia è stata inumata in fretta nella cappella di don Ciccio, morto latitante, senza neppure una benedizione. La Chiesa vieta i funerali religiosi ai mafiosi e Messina Denaro, a differenza di Totò Riina, aveva espressamente lasciato scritto di non gradire la presenza di un religioso.
Ci hanno provato tre suore a dire una preghiera per lui prima che il feretro partisse dall’Aquila. «Malgrado tutto è pur sempre un figlio di Dio», hanno detto. La polizia non le ha fatte entrare in ospedale.

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