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Le armi da nascondere e i timori dei boss del Belice

Emerge dalle intercettazioni effettuate dal Ros durante le indagini sulle cosche di Salaparuta e Poggioreale

Felice Milazzo al momento dell’arresto da parte dei carabinieri

Due famiglie mafiose unite da ventennale amicizia e affari. Due famiglie che sapevano come districarsi all’interno di cosa nostra trapanese e anche palermitana. Sono le famiglie dei Milazzo e dei Lipari di Poggioreale piccolo centro della Valle del Belice, famiglia mafiosa che accorpa anche Salaparuta. Cinque dei componenti il clan sono stati arrestati dagli investigatori del Ros e dai carabinieri del comando provinciale di Trapani, altri sono indagati. In carcere è finito il capomafia, don Fifì Milazzo 76 anni; Mariano e Salvatore Lipari di 54 e 28 anni padre e figlio. Ai domiciliari, Erasmo Milazzo di 80 anni (fratello di don Fifì) e Salvatore Lipari 82 anni (padre e nonno di Mariano e Salvatore).

Nelle pagine dell’ordinanza che li ha condotti in carcere sei anni dopo l’indagine «Elima», per fare terra bruciata attorno all’allora primula rossa Matteo Messina Denaro e ai suoi fiancheggiatori, viene raccontato il loro vissuto di appartenenti a cosa nostra, quella vicina ai Messina Denaro. Decisive al riguardo sono alcune conversazioni intercettate dagli investigatori il 17 settembre del 2019 tra Salvatore e Mariano Lipari. Salvatore Lipari: «ma di quelle cose là sopra dove sono?». Mariano Lipari: «Là sono, ma non saranno, non sono le stesse» - Salvatore L: «ma 38 ce ne sono?» - Mariano L: «ma penso di si perchè c’è qualche altra cosa?» - Salvatore L: «no sono 38 quelli là, ma dimmi una cosa ...speriamo che non ci serve niente, questa cosa verso dove cazzo è messa, chissà Dio ce ne liberi dovessero servire». - Mariano L: «là sotto la paglia». Il 23 settembre un’altra conversazione ma tra il vecchio Salvatore Lipari e il figlio Mariano. L’anziano è preoccupato per via delle continue perquisizioni condotte in quel periodo dalle forze dell’ordine nella zona e dava istruzioni al figlio Mariano sui nascondigli da preferire per le armi e le modalità da adottare. Salvatore L: «quella ‘cazzuola’ che è in mezzo alla paglia levala per ora immediatamente che là figlio bello dove ci sono i cavalli, dove ci sono le pecore, dove ci sono le capre, «sbirtuliano». Ora sono arrivato al bar minchia c’era la macchina dei carabinieri, dico va la macchina, non era quella di qua e neanche di...c’erano tre e poi hanno girato di là da Ninuzzu così non te lo dimenticare». Mariano L: «ora prendiamo un bel sacco si ci mettono queste da qualche parte».

Salvatore L: «tu gli devi mettere prima una pezza asciugalo per bene e poi lontano da qua attorno, là non si può mettere dov’era una volta?..quel muro». Mariano L: «fuori in mezzo a quelle pietre magari, ti metti un paio di guanti pure per toccare il sacco». Salvatore L: «Mariano ci devi essere tu a fare queste cose». Ma se don Fifì Milazzo è il boss, sul peso all’interno della mafia che ha il vecchio Salvatore Lipari basta leggere le confidenze rese al nipote omonimo, che lo avevano portato ad incontrare esponenti mafiosi di rango come: Vincenzo Rimi di Alcamo e i Messina Denaro padre e figlio nel corso della loro latitanza.

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