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Messina Denaro, il fiume dei soldi del superboss e gli ordini alla sorella

Le indagini dopo l’arresto a Castelvetrano di Rosalia Messina Denaro accusata di gestire la cassa dell’ex superlatitante

Messina Denaro nel giorno del suo arresto

Un fiume di denaro a disposizione: «I soldi che avevo non mi bastavano e quindi ho avuto bisogno di questi 40 dai W» scriveva Matteo Messina Denaro alla sorella Rosetta. E poi un fiume di «pizzini», almeno un migliaio, trovati nell’appartamento di Campobello di Mazara dove ha vissuto fino alla mattina del 16 gennaio e che una volta decifrati inchioderanno di sicuro tutte le pedine della rete del boss stragista. Viaggia anche su questi numeri l’inchiesta che ha portato venerdì all’arresto di Rosalia «Rosetta» Messina Denaro, che custodiva la cassa, i segreti, la rete di relazioni clandestine del fratello Matteo.

Da latitante, il capomafia di Castelvetrano ha potuto contare su familiari, complici, finanziatori in affari con lui («digli che 40.000 non cambiano la vita delle persone») e talmente invischiati da non potersi tirare indietro davanti alle sue necessità finanziarie («digli che non può dire di no»).

Chi c’è dietro quei «nickname» come li definiscono nella loro indagine il procuratore di Palermo, Maurizio de Lucia, l’aggiunto Paolo Guido, i sostituti Gianluca De Leo e Pierangelo Padova? «Ciliegia», «Condor», «Malato», «Reparto», «parmigiano», «grezzo», «complicato» li definisce nei suoi «pizzini» Messina Denaro. Che nel messaggio alla sorella, datato «sabato 14 maggio 2022» , e scritto come sempre in stampatello, chiama in causa «parmigiano» per una questione molto precisa: «40 mila dai W di ciò ti ho parlato nella lettera che dovevi leggere subito. Quindi sai cosa ho comprato con questi 40 mila...».

 

Il servizio completo di Umberto Lucentini sul Giornale di Sicilia oggi in edicola

 

 

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