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Le indagini su Messina Denaro, il dipendente comunale Bonafede chiede la scarcerazione

L'auto di servizio del dipendente comunale

Ha presentato istanza di scarcerazione al tribunale del Riesame Andrea Bonafede, il dipendente comunale cugino e omonimo del geometra che ha prestato l’identità al boss Messina Denaro. Bonafede - il dipendente comunale - è stato arrestato la scorsa settimana con le accuse di favoreggiamento e procurata inosservanza della pena aggravati dall’aver favorito Cosa nostra. In cella, assieme a lui, è finito anche Alfonso Tumbarello, il medico di Campobello di Mazara che ebbe in cura il boss durante la latitanza, indagato per falso e concorso in associazione mafiosa. Tumbarello non ha ancora presentato ricorso al Riesame ma ha tempo per farlo fino a domani (18 febbraio).

Secondo i pm Piero Padova e Gianluca De Leo, Bonafede si sarebbe occupato di ritirare le prescrizioni di farmaci ed esami clinici fatte da Tumbarello a nome del cugino, di consegnare al medico la documentazione sanitaria che di volta in volta il boss riceveva durante le cure, contribuendo così a mantenere segreta la reale identità del «paziente» e consentendogli di proseguire la latitanza. Tumbarello, invece, avrebbe assicurato a Messina Denaro l’accesso alle cure del Servizio sanitario nazionale attraverso un percorso terapeutico durato oltre due anni, con più di un centinaio di prescrizioni sanitarie e di analisi (o richieste di ricovero) intestate falsamente al geometra Andrea Bonafede, mentre in realtà a beneficiarne era il capomafia, assistito personalmente e curato dal dottore. Tumbarello avrebbe così garantito al padrino non solo le prestazioni necessarie per le gravi patologie di cui soffriva, ma anche la riservatezza sulla sua reale identità, e dunque gli avrebbe consentito di continuare a sottrarsi alla cattura e di restare a Campobello di Mazara a capo dell’associazione mafiosa.

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