Questo sito contribuisce all’audience di Quotidiano Nazionale

Caso Denise, chiesta la condanna a due anni per l'ex pm Angioni: sentenza in serata

Al processo l'accusa parla di «assoluta malafede dell’imputata», che «ha raccontato frottole» sia in tv sia nell'interrogatorio, puntando l'indice ingiustamente sul commissariato di polizia di Mazara del Vallo

Maria Angioni

Il pubblico ministero di Marsala ha chiesto la condanna a due anni dell’ex pm Maria Angioni, imputata per false dichiarazioni nell’ambito delle indagini sulla scomparsa della piccola Denise Pipitone. La richiesta è stata avanzata al termine di una lunga requisitoria dal sostituto procuratore Roberto Piscitello (attuale reggente della Procura di Marsala). L’ex magistrato è accusato di avere riferito informazioni false nel corso di un interrogatorio del 3 maggio 2021, poi riconfermate in un successivo verbale. Il processo si svolge con il rito ordinario davanti al giudice monocratico di Marsala, Giusy Monterriccio. Nel corso della discussione il pm Piscitello ha descritto le ricostruzioni dell’ex collega, connotate da «assoluta malafede dell’imputata». Gli episodi contestati sono tre: l’erroneo ricordo sull'installazione di una videocamera spia, la mancata revoca di alcune deleghe al commissariato di polizia di Mazara del Vallo e l’assenza di un verbale con le dichiarazioni dell’ex capo del medesimo ufficio. Per l'avvocato difensore non ci fu dolo. La sentenza è attesa in serata.

La requisitoria

Lo scorso anno l’ex pm era stata tra i protagonisti di interviste e ospitate in tv sul mancato ritrovamento della piccola Denise, sparita da Mazara del Vallo il primo settembre 2004. Alcune di queste sono state proiettate in aula nel corso della requisitoria, durante la quale il pm Piscitello ha ipotizzato l’esistenza di un «misterioso suggeritore», che avrebbe foraggiato di informazioni l’ex magistrato Angioni, nella sua «bulimia mediatica». «Nelle fluviali dichiarazioni che molto generosamente rilasciava nelle sue plurime apparizioni televisive, nei suoi account internet, nei social in cui la sua presenza mai mancava - ha detto il pm nella requisitoria -, Angioni gettava più di un’ombra sulle modalità con le quali il commissariato di Mazara del Vallo avrebbe condotto le indagini. Senza mezzi termini lasciava intendere che quelle investigazioni furono segnate dall’assoluta infedeltà della polizia giudiziaria che in qualche caso avrebbe operato delle gravi omissioni, dei favoritismi tutti finalizzati a garantire l’impunità ai colpevoli del sequestro di Denise Pipitone».

Angioni non si limitò, però, alle dichiarazioni tv e confermò le sue accuse di depistaggi a verbale davanti ai colleghi di Marsala che a quel punto cercarono riscontri. Dagli accertamenti - ricorda il pm - «è emerso che le sue dichiarazioni erano completamente prive di fondamento, facendo tutte riferimento a fatti mai verificatisi nei termini così perentori in cui li aveva riferiti da testimone». Iscritta nel registro degli indagati, a quel punto l’ex pm venne convocata per rendere interrogatorio. «L'imputata da cui ci si sarebbe allora ragionevolmente atteso una semplice presa d’atto di quanto la procura aveva accertato, con conseguente indolore correzione delle dichiarazioni precedentemente rese - spiega il pm - nel corso dell’interrogatorio ha invece sostanzialmente confermato le frottole raccontate in sede di informazioni, impegnandosi in una estenuante tiritera di ammissioni e smentite non seguite da una presa d’atto chiara ed inequivocabile che ciò che aveva riferito non corrispondeva al vero».

Maria Angioni, ex pm del caso Denise Pipitone, che ha di fatto accusato la polizia di avere depistato le indagini sul sequestro della bambina scomparsa, non ha mai tolto le indagini al commissariato di Mazara del Vallo (poi accusato appunto di aver inquinato l'inchiesta), anzi, da titolare del caso coinvolse maggiormente i poliziotti. Lo ha ricordato proprio il pm Piscitello. «Angioni - ha riferito il pubblico ministero nella requisitoria - immediatamente dopo una prima interruzione delle intercettazioni in atto, sottoscrisse, subito, più decreti, delegando tutte le operazioni allo stesso commissariato di Mazara del Vallo». Inoltre, «in un altro momento, prendendosi gioco finanche della Giustizia, Angioni ha goffamente cercato di spostare in avanti il momento in cui ha ostinatamente (e falsamente) ribadito di aver preso la decisione di sottrarre le indagini al commissariato di Mazara». Il pm ha parlato di «malafede» dell’imputata. «Ci vorrebbe uno psicologo o uno psichiatra. Eppure, faceva il magistrato», ha aggiunto.

Pesanti le accuse di Piscitello: «Assoluta consapevolezza, sguaiati tentativi di difendersi attivamente, calunnie nei confronti del commissariato di Mazara del Vallo, lettura malevola dei fatti, dolo ingannevole». Angioni aveva puntato il dito contro gli agenti del commissariato di Mazara e sul loro dirigente Antonio Sfameni, mai indagato e totalmente estraneo nella vicenda. «Angioni ha sempre agito con fare sicuro - ha detto il magistrato - le sue affermazioni, spesso rafforzate dal sarcasmo di chi dice solo verità sono state pronunziate in maniera scientificamente calcolata e lucida, con il preciso obiettivo di accreditare la sua visione volutamente denigratoria dell’organo di polizia preso di mira. Dichiarazioni - ha incalzato Piscitello - necessarie, dal suo punto di vista, per giungere alla conclusione che proprio quella infedeltà portò all’insuccesso delle indagini».

«Va da sé, allora, come questo atteggiamento psicologico, se da un lato è finalizzato ad allontanare sospetti di incapacità professionale, dall’altro evidenzia che dileggiare il commissariato di Mazara del Vallo fosse diventata per lei una conseguente necessità rispetto alla quale, anche dal punto di vista mediatico, finì per esporsi a feroci critiche», ha aggiunto il pm. Nella requisitoria il pm ha alternato la ricostruzione dei fatti alla trasmissione di spezzoni di interventi della Angioni in tv.

L'arringa difensiva

«Condivido l’irritazione del pm, ma in questo processo bisogna separare la fase delle dichiarazioni televisive da quelle rese all’autorità giudiziaria. Quando la Angioni, da indagata, venne ascoltata in procura, disse: “Se gli atti dicono cose diverse dalle mie, valgono gli atti”». Lo ha detto l’avvocato Andrea Pellegrino, legale della ex pm Maria Angioni, imputata davanti al tribunale di Marsala di false dichiarazioni a pm, nel corso della sua arringa difensiva. Il processo riguarda false dichiarazioni a proposito delle indagini condotte dalla polizia sul caso del rapimento di Denise Pipitone, la bimba scomparsa da Mazara del Vallo. L'avvocato, intervenuto dopo la requisitoria del pm, sostiene che la sua cliente, parlando di depistaggi delle indagini sulla scomparsa della piccola Denise Pipitone, depistaggi poi smentiti dagli accertamenti, agì senza dolo.

«Sono convinto che va scusato come l’errore grossolano anche il cattivo ricordo - ha detto il codifensore Stefano Pellegrino -, altrimenti in ogni processo verrebbero contestate tante false testimonianze, reato per cui fino alla riforma del 1989 si prevedeva l’arresto in aula. La Angioni non aveva gli atti del procedimento Denise e non poteva consultarli. È stata una negligenza non chiederli. Ma il dato oggettivo è che non li ha consultati». Il legale ha anche affermato che la sua cliente avrebbe ritrattato le dichiarazioni rese.

Caricamento commenti

Commenta la notizia