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L'affondamento del peschereccio “Nuova Iside”, scagionato l'armatore Brullo

Il peschereccio Nuova Iside

L'armatore Raffaele Brullo, è stato scagionato completamente da ogni accusa riguardante l'affondamento del peschereccio “Nuova Iside”. Anche il Gip di Roma, dopo la decisione del Tribunale del Riesame e della Cassazione, accogliendo la richiesta della Procura, ha di fatto smontato il castello accusatorio che lo riguardava. Il giudice per le indagini preliminari ha anche archiviato la posizione dell’armatore romano dalle accuse di aver occultato prove della presunta collisione fra la sua nave petroliera “Vulcanello” e il peschereccio Nuova Iside che – secondo gli inquirenti – sarebbe avvenuta il 12 maggio del 2020 al largo delle coste nord occidentali della Sicilia.

La scomparsa del Nuova Iside

Il peschereccio “Nuova Iside”, scomparve a largo di San Vito Lo Capo, tra il 12 e il 13 maggio del 2020 con a bordo tre marinai, Giuseppe, Matteo e Vito Lo Iacono, i cui corpi senza vita sono, successivamente, riemersi dall’acqua. Le successive ricerche della guardia costiera infatti consentirono di recuperare i corpi di due dei tre membri dell'equipaggio, Matteo e Giuseppe, e di individuare, il relitto della nave. Un mese dopo venne, invece, recuperato sulla spiaggia di Gioia Tauro in Calabria il corpo del terzo pescatore, Vito.

Per quel naufragio l'11 febbraio 2021 scattarono 3 arresti, in manette finirono l'armatore e due ufficiali Raffaele Brullo, fu accusato di frode processuale e favoreggiamento, gli altri, il comandante campano dell'imbarcazione, Gioacchino Costagliola, e il Terzo sottufficiale di coperta, Giuseppe Caratozzolo, orginario di Palmi (Reggio Calabria) rispondevano di omicidio colposo e omissione di soccorso. Gli arresti furono eseguiti dalla Guardia costiera, su disposizione del gip Annalisa Tesoriere, che ritenne fondata la ricostruzione dei pm.

La vicenda giudiziaria

L’armatore Raffaele Brullo era stato a Palermo era stato accusato di avere tentato di occultare le prove della collisione, “ordinando fra l’altro che lo scafo della nave fosse riverniciato al fine – avevano sostenuto gli inquirenti a Palermo sino a richiedere e ottenere gli arresti domiciliari dell’armatore – di celare i segni dell’urto con il peschereccio. Ciò è stato categoricamente smentito”.

In una nota della società Augusta Due srl si legge in particolare che: “Le varie acquisizioni, fra cui quella relativa al fatto che la decisione di riverniciare lo scafo sia stata assunta, come provato da numerosi messaggi, ben prima del presunto sinistro, nonché al fatto che nessun elemento d’accusa è emerso dalle perizie sulla nave, hanno spinto prima il Tribunale del Riesame di Palermo a revocare il provvedimento cautelare ingiustamente emesso, quindi la Cassazione a esprimersi nella stessa direzione e ieri, in maniera definitiva, il GIP di Roma, su richiesta della locale Procura (a cui gli atti erano stati trasmessi per competenza territoriale) ad archiviare il procedimento a carico di Raffaele Brullo, conclamando l’assoluta infondatezza di qualsiasi accusa e restituendogli la piena dignità di imprenditore corretto della quale un’inchiesta indiziaria infondata lo aveva pubblicamente privato”.

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