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A Campobello di Mazara nasce il centro di tutela degli avvoltoi capovaccai

Quale sarà, nei prossimi anni, il destino dei capovaccai, piccoli avvoltoi sull’orlo dell’estinzione? Una prima risposta arriva da Campobello di Mazara, nel Trapanese, dove è stato creato l’unico carnaio siciliano attivato col progetto, «Life Egyptian vulture» altri 4 sono nel Sud Italia. Una piattaforma, allestita nei pressi del Pantano Leone, dove vengono lasciati scarti di macellazione, cibo preferito dai capovaccai. L’isola rimane la regione del Sud Italia dove c’è la presenza più massiccia di coppie riproduttrici: «Ne abbiamo avvistate 6 nella zona centro-occidentale - spiega Antonino Barbera della Stazione ornitologica calabrese - ma sono davvero poche se si pensa che negli anni ‘50 si contavano 150 coppie in sette regioni della fascia tirrenica centro-meridionale». Il rischio concreto è quello che, per bracconaggio, uso di veleno e l’elettrocuzione, gli ultimi esemplari possano scomparire.

Tra le azioni messe in atto dal progetto «Life Egyptian vulture» per favorire la riproduzione delle coppie rimaste, c’è anche quella del supporto alimentare. In Italia il Centro rapaci minacciati di Grosseto lavora da anni per la riproduzione dei capovaccai. E ai piccoli, una volta pronti per il volo, viene installato un gps. «Grazie ai tracciati abbiamo potuto studiare le due linee di migrazione di questi avvoltoi in Sicilia - ha detto Pierpaolo Storino, naturista ricercatore dell’Ispra - una è prossima al golfo di Gela da dove poi i capovaccai raggiungono l’isola di Malta, l’altra, invece, passa dall’area vicino Mazara del Vallo, il punto più vicino al continente africano, con soste a Marettimo e Pantelleria». Degli avvoltoi che vivono in Europa il capovaccaio è l’unico a migrare, con destinazione l’area sub sahariana: «lì vive 4-5 anni e poi fa ritorno al punto da dove è partito», chiarisce Antonino Barbera.

La Sicilia è una regione strategica per le rotte dei capovaccai e per la loro nidificazione. Gli anziani pastori nell’isola chiamano quest’uccello ‘pasqualinò (perché nidificano nel periodo di Pasqua): i giovani hanno un piumaggio marrone, gli adulti, invece, bianco e nero con penne ‘spettinatè sul capo. “Si nutrono solo di parti molli di animali morti», spiega Storino. Il progetto ‘Life Egyptian vulturè punta alla tutela della specie. «Grazie alla collaborazione con Enel abbiamo già fatto isolare 85 pali, dove c’era il rischio concreto che gli esemplari potessero morire per folgorazione», ha detto Barbera. Al Comune di Campobello di Mazara è stata illustrata la proposta di creare i carnai aziendali, sulla scorta di quelli già esistenti in Sardegna e Spagna. «L’idea è quella di far conferire gratuitamente alle macellerie gli scarti presso questi siti di alimentazione supplementare dove i capovaccai hanno la possibilità di nutrirsi, favorendo nel tempo la riproduzione», ha detto Antonino Barbera. Il rischio estinzione oggi si intreccia con la storia di questo avvoltoio: il capovaccaio nell’antico Egitto, era sacro e, ancora oggi, compare nei geroglifici egizi, nei quali raffigura la lettera A.

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