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Mazara, la chiesa di San Vito a riva di mare diventa Santuario diocesano

La chiesa di San Vito a riva di mare, a Mazara

La chiesa di San Vito a riva di mare di Mazara, è stata elevata a Santuario Diocesano. Lo ha annunciato il vescovo della Diocesi, monsignor Domenico Mogavero.

Una chiesa per essere considerata un santuario, deve produrre devozione, culto, preghiera – in una parola una pietà – e per questo diventare la meta di uno spostamento o di un viaggio dalle motivazioni religiose: un pellegrinaggio. San Vito a riva di mare diventa, quindi, un riferimento importante come luogo di culto, meta di pellegrinaggi. Ecco da dove sarebbe partito San Vito ancora adolescente, da questa striscia di sabbia interrotta da piccole rocce e diretto, si dice, verso la Lucania. Ed in questo luogo è sorta la piccola chiesa di «costa», a riva di mare. Per questo giovane Santo, protettore dei pescatori, vi è anche la processione, indicata come la più mattiniera d’Italia, che inizia alle tre del mattino, con il trasporto della statua argentea del santo, posta sul Carro trionfale, trainato a braccia dai pescatori, fino alla chiesetta di San Vito a riva di mare, accompagnato da una suggestiva fiaccolata e da fuochi d’artificio; da questo luogo si crede sia partito con la barca per sfuggire al padre e al preside Valeriano.

La chiesa ha una storia particolare. Sui ruderi dell’antico edificio normanno, venne edificata nel 1776, è semplice e silenziosa, esattamente sullo scoglio da cui, la leggenda vuole, San Vito giovinetto si sia imbarcato alla volta di Roma, per affrontarvi il martirio e la morte. Ispiratore dell’opera sembra sia stato un certo Giovanni Grifeo, capostipite dei Graffeo, patrizi di Mazara, compagno inoltre del Conte Ruggero. Il tempo corrode i muri e scalfisce le pitture, ma la bellezza e l’incanto del luogo rimangono inalterati nella visione di un paesaggio magico. Il Santo è invocato contro il bisogno eccessivo di sonno e la catalessi, ma anche contro l’insonnia ed i morsi dei cani rabbiosi e l’ossessione demoniaca. Protegge i muti, i sordi e singolarmente anche i ballerini, per la somiglianza nella gestualità agli epilettici. Per il grande calderone in cui fu immerso, è anche patrono dei calderai, ramai e bottai.

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