Un 55enne trapanese, Giuseppa Valenti, e una 56enne, Gaetano Lampasona, sono stati arrestati dai carabinieri di Trapani per sfruttamento della prostituzione commesso nel 2013. Entrambi, attualmente sottoposti alla misura cautelare dell’obbligo di dimora, dovranno scontare un pena di circa 5 anni ciascuno per aver messo su un vasto giro di prostitute a disposizione della Trapani bene e non solo. Gli incontri a luci rosse avvenivano in ville, abitazione private e in un albergo, annunci su apposite bacheche sul web dove nel giro erano coinvolte donne sudamericane, ma anche trans molto richiesti dalla clientela composta soprattutto da professionisti e gente facoltosa. L’uomo è stato condotto presso il Carcere Pietro Cerulli di Trapani, mentre la donna ristretta al Pagliarelli di Palermo. La vicenda fu portata alla luce nel corso di una indagine effettuata dagli uomini della sezione trapanese di polizia giudiziaria del Corpo Forestale. L’inchiesta fece luce su un un giro di prostituzione condotto tra le città di Trapani, Marsala, Alcamo e Castellammare del Golfo. Sette gli indagati finiti in carcere accusati di sfruttamento della prostituzione. Indagati a piede libero altri due uomini. L’organizzazione aveva ville, appartamenti e persino un albergo a disposizione per gli incontri con i clienti, attirati con appositi annunci pubblicati in bacheche sul web. Le donne si occupavano del reclutamento delle ragazze, gli uomini curavano l’aspetto logistico scegliendo i luoghi dove far avvenire gli incontri. Le indagini degli agenti della Forestale, si ricollegavano ad una precedente operazione del 2011 che aveva portato alla scoperta di un altro giro di prostituzione. L’inchiesta fece venire fuori, anche grazie alle immagini riprese dalle microtelecamere piazzate dagli investigatori, uno scenario fatto di clienti appartenenti alle più disparate classi sociali, tra cui alcuni “insospettabili” professionisti e appartenenti alla cosiddetta “Trapani bene“, disposti a pagare anche 500 euro per rapporti particolarmente “trasgressivi” con transessuali o con l’utilizzo di “sex toys.” La banda di sfruttatori intascava una percentuale che poteva arrivare anche al 50 per cento sui compensi pagati dai clienti.