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Corruzione, "Sorella Sanità": giudizio immediato per 9 imputati

Il presidente aggiunto dei Gup di Palermo, Antonella Consiglio, ha accolto la richiesta della Procura di Palermo e ha disposto il giudizio immediato per nove imputati dell’inchiesta Sorella Sanità. Nel mirino del Nucleo di polizia economico-finanziaria della Guardia di Finanza una serie di gare e di appalti (per un importo di oltre 600 milioni) che sarebbero stati truccati e condizionati negli ospedali e nelle strutture sanitarie siciliane.

I pm Giovanni Antoci e Giacomo Brandini, del pool coordinato dal procuratore aggiunto Sergio Demontis, hanno ritenuto che vi fossero prove evidenti nei confronti di coloro che sono ancor oggi sottoposti a misure cautelari (scattate il 21 maggio scorso): la chiusura dell’indagine nel giro di sei mesi ha consentito agli inquirenti di chiedere e ottenere l’immediato, con cui si salta l’udienza preliminare.

Il giudice ha verificato la sussistenza dei presupposti di legge e ha fissato la prima udienza davanti alla terza sezione del tribunale, per il primo febbraio 2021: gli imputati possono comunque chiedere il rito abbreviato, che li riporterebbe davanti a un Gup.

Il processo riguarderà i due ex manager della sanità Fabio Damiani, in carcere da cinque mesi, ex direttore generale dell’Asp di Trapani ed ex responsabile della Centrale unica di committenza delle gare siciliane. E’ ai domiciliari Antonio Candela, già commissario anti-Covid in Sicilia ma imputato come ex direttore dell’Asp di Palermo.

Ci sono poi Giuseppe Taibbi, considerato un faccendiere di Candela, e Salvatore Manganaro, che era invece il referente di Damiani. Concessi i domiciliari all’'imprenditore agrigentino della sanità, Salvatore Manganaro, che ha reso una serie di dichiarazioni e di ammissioni.

Imputati anche una serie di imprenditori, l’amministratore delegato della Tecnologie Sanitarie spa Roberto Satta, il responsabile operativo per la Sicilia della Siram Angelo Montisanti; il direttore unità business centro sud di Siram Crescenzo De Stasio, detto Salvatore; il referente occulto di Ferco Ivan Turola e Salvatore Navarra, presidente del consiglio di amministrazione di Pfe spa, anche lui protagonista di ammissioni non ritenute però soddisfacenti dall’accusa.

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