CUSTONACI. «Stiamo capendo che non ai capito l’avvertimento da bottiglia con l’accendino, ma a capire che non volevo fare cose grosse ma se non ti metti a posto la prossima ti facemo saltare tutti i mezzi nallaria picchi semu chiddi che non schezziamo». Ecco la lettera minatoria, zeppa di errori grammaticali, che Antonino Barone e Lorenzo Poma - arrestati per tentata estorsione dai carabinieri di Alcamo - avrebbero inviato al rappresentante legale dell’impresa «Rovil» di Roma, impegnata nella realizzazione della rete per il metano, a Custonaci.
Una missiva per sollecitare l’assunzione di un parente degli indagati, ossia il figlio di Barone. Prima di scrivere la lettera i due complici - ora rinchiusi nelle carceri di San Giuliano - avrebbero collocato davanti ad un mezzo dell’impresa una bottiglia contenente liquido infiammabile e un accendino. Un vero e proprio atto intimidatorio per costringere la vittima designata ad assecondare la richiesta avanzata. Vittima che, però, non ha ceduto alle pressioni, sporgendo denuncia. Nemmeno la telefonata fatta - secondo gli investigatori - da Poma «sono quello della bottiglia e della lettera. Non scherziamo vi facciamo saltare in aria tutti i mezzi», ha piegato il rappresentante della «Rovil».
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