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Assolto dai delitti di cui si era autoaccusato ma condannato all'ergastolo per associazione mafiosa

MARSALA. Iniziando a collaborare con la giustizia (per poi fare, però, marcia indietro), un boss mafioso di Marsala, Francesco De Vita, 61 anni, nel 2009, subito dopo l'arresto, si era autoaccusato di un omicidio (quello di Gaspare Zichittella) e due tentati omicidi (vittime designate: Pietro Chirco e Antonino Titone) nel corso della faida del 1992. Adesso, il gup di Palermo Marina Petruzzella, a conclusione del processo con rito abbreviato, lo ha assolto da quei reati. Condannandolo, comunque, per associazione mafiosa in continuazione con la pena all'ergastolo, ormai definitiva, che De Vita sta scontando per mafia e per l'omicidio di Giovanni Zichittella, ucciso a Marsala, nella zona di Porticella, il 15 giugno 1992. Di quel "gruppo di fuoco" avrebbero fatto parte anche Vincenzo Sinacori e Antonino Gioè. E come "registi" del commando, anche Gioacchino La Barbera e Leoluca Bagarella.

Giovanni Zichittella, detto "Vanni", anziano pastore, era padre dell'ex affiliato a Cosa Nostra e poi "stiddaro" Carlo Zichittella, che successivamente, persa la guerra con la locale famiglia mafiosa, decise di collaborare con la giustizia. Dalle dichiarazioni rese da De Vita dopo l'arresto ha preso le mosse l'indagine della Dda di Palermo che all'alba di ieri è sfociata nell'operazione dei carabinieri "The Witnes", che ha portato all'arresto di Antonino Bonafede, 79 anni, pastore e vecchio "uomo d'onore", considerato il nuovo "reggente" della famiglia mafiosa di Marsala (avrebbe, quindi, preso il posto del figlio Natale Bonafede, in carcere dal 2003 con un ergastolo definitivo), di Martino Pipitone, di 64 anni, ex impiegato di banca in pensione, anch'egli in passato già arrestato per mafia, e di due incensurati: Vincenzo Giappone, 53 anni, pastore, e Sebastiano Angileri, di 48, fabbro. La sentenza del gup Petruzzella, però, secondo l'avvocato Giacomo Frazzitta, difensore di De Vita, "rimette in discussione la credibilità" di una persona che viene assolta per i fatti di sangue dei quali si era autoaccusato.

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