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Prostituzione a Trapani, la cubana si difende: «Non ho mai sfruttato mia figlia»

La donna ha respinto le accuse che l’hanno portata in carcere, mentre si è avvalso della facoltà di non rispondere il presunto omicida della nigeriana Bose

TRAPANI. «Non ho mai sfruttato mia figlia. Non avrei mai potuto farlo. E’ sangue del mio sangue». Con queste frasi, Ana Maria Bermudez Valdes, 43 anni, cubana, ha respinto le accuse che l’hanno portata in carcere nei giorni scorsi, rispondendo alle domande del giudice per le indagini preliminari Antonio Cavasino. La donna, assistita dall’avvocato Salvatore Alagna, è accusata, in particolare, di avere sfruttato la prostituzione della figlia, accompagnandola persino agli incontri con un noto avvocato che avrebbe pagato fino a cinquecento euro per le «prestazioni» della ragazza oggi ventitreenne.

Ana Maria Bermudez Valdes è finita in manette nell’ambito di un’inchiesta su un giro di prostituzione tra Trapani, Marsala, Alcamo e Castellammare del Golfo. Su disposizione del giudice per le indagini preliminari Antonio Cavasino sono stati eseguiti all’alba di venerdì scorso, da parte degli agenti della Sezione di Polizia Giudiziaria della Guardia Forestale, gli ordini di custodia cautelare in carcere anche a carico di Diana Pollina, 53 anni, trapanese, Rosa Di Tanto, 53 anni, torinese, e Giuseppa Valenti, 54 anni, di Erice e degli arresti domiciliari per Gaetano Lampasona, 49 anni, trapanese, compagno della Valdez, Giuseppe Piacentino, 37 anni, trapanese e, Giovan Battista Sansica, 52 anni, di Calatafimi. Tutti sono stati accusati di sfruttamento della prostituzione per incontri che sarebbero avvenuti in ville, alberghi ed abitazioni private di Trapani, Marsala, Alcamo e Castellammare del Golfo.

 

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