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Trapani: industriali del marmo, protesta per i canoni

TRAPANI. Il commissario dello Stato impugna l’articolo 75 della finanziaria regionale, quello che modificava i criteri di quantificazione dei canoni di estrazione, e le associazioni di categoria temono per il futuro delle loro aziende. Assomarmi Trapani, Consorzio pietra lavica e Consorzio Perlato di Sicilia, infatti, hanno espresso il proprio rammarico ed il dissenso per la decisione del commissario Carmelo Aronica nei confronti di una norma che “avrebbe mitigato l’eccessiva onerosità dei canoni di estrazione delle cave – spiegano i rappresentanti delle tre associazioni di categoria attraverso una nota -, quanto meno prevedendo delle procedure di quantificazione del canone più semplici e che richiedessero meno adempimenti. Tra l’altro – continuano – con questa norma si era posto rimedio alla farraginosità ed alla scarsa chiarezza delle attuali procedure di quantificazione del canone, tanto che già l’assessore all’Energia era dovuto intervenire per chiarire alcune questioni interpretative. L’articolo 75, infatti, avrebbe introdotto una norma che senza alcun onere a carico della Regione – proseguono – avrebbe ridato fiducia ad un settore che dà lavoro a circa diecimila persone e che sta tentando affannosamente di uscire dalla crisi. Da una attenta lettura della norma, e rapportandola alle 500 cave esistenti, tra l’altro, si comprende bene che, nonostante la modifica della base di calcolo, non ci sarebbe stata alcuna riduzione di entrate né per la Regione né per i Comuni”. Anzi, secondo le tre associazioni di categoria ci sarebbe stato un incremento.A questo punto, per loro, quella andata in scena è “l’ennesima dimostrazione di come siano sempre le imprese ad essere penalizzate, con il rischio che vengano fatte scappare le aziende già operanti nell’isola e bloccati gli investimenti futuri. Non vorremmo - proseguono – che una non corretta comunicazione tra i vari poteri pubblici, finisse come sempre per penalizzare imprese e lavoratori. La Sicilia non può permettersi di arretrare ulteriormente. Ma se anche una norma come questa che garantiva sviluppo senza gravare sui costi è stata impugnata, allora la preoccupazione aumenta in modo esponenziale. Per questo chiediamo al commissario dello Stato di rivedere la propria posizione, anche per il tramite degli uffici dell’assessorato all’Energia, competente in materia”.

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