«La Liberazione e la lotta alla mafia sono pagine diverse, ma entrambe della stessa storia, la nostra. Abbiamo bisogno e abbiamo il dovere, ad ogni livello, con ogni strumento, ciascuno per la propria parte, di rinnovare il rifiuto di qualunque negazione della libertà individuale e collettiva. Non saremo mai davvero liberati, e dunque non saremo liberi, se celebriamo la Liberazione solo come un fatto storico». Sono alcuni passaggi dell'intervento del ministro dell'Interno Matteo Piantedosi nella cerimonia per il 25 aprile a Castelvetrano. Lì, nel paese di Matteo Messina Denaro, il ministro, il sindaco Enzo Alfano e Tina Montinaro, vedova del caposcorta di Giovanni Falcone, hanno svelato la teca contenente i resti della «Quarto Savona Quindici», ovvero l'auto di scorta Fiat Croma blindata del giudice Giovanni Falcone, fatta saltare in aria il 23 maggio 1992 a Capaci. A bordo di quella vettura viaggiavano l'agente Vito Schifani, l'agente Rocco Dicillo e il caposcorta Antonio Montinaro, rimasti uccisi nell'attentato. «Con piacere ho aderito all'invito del sindaco di Castelvetrano, che con un gesto simbolico, ha scelto di affidare la celebrazione del 25 aprile, festa nazionale della Liberazione dell'Italia dal nazifascismo, ai resti della Quarto Savona Quindici, resti "vivi", resti che ci "parlano" - ha aggiunto Piantedosi -. Un gesto che ha un significato profondo e altrettanto chiaro. È in questo senso che nella lotta alla mafia ritroviamo i valori e lo spirito della Liberazione, che ormai è patrimonio di noi tutti, rispetto ai quali noi tutti già sappiamo da che parte stare. Stare insieme dalla stessa parte significa anche tracciare la strada alle giovani generazioni che dobbiamo preservare dall'omologazione, educandole alla libertà di pensiero e allo spirito critico». Nel suo discorso Piantedosi ha posto l'attenzione sul legame sul valore simbolico della cerimonia a Castelvetrano a tre mesi dalla cattura del boss. «Proprio nel giorno in cui si celebra la Liberazione dal regime fascista, rivendicare anche la liberazione di un territorio dalla mafia, emblematicamente dopo l'arresto di Matteo Messina Denaro, attinge ai valori più profondi su cui si fondano le democrazie. Ciò perché, e la nostra Costituzione ne offre un'alta testimonianza, le democrazie si fondano sulle libertà». Il ministro ha sottolineato che «un territorio in mano alla mafia non è libero, i suoi cittadini non sono liberi, perché le loro scelte sono sempre influenzate da forme di condizionamento, sia esso palese o subdolo. In questo senso, festeggiare il 25 aprile qui, al cospetto della Quarto Savona Quindici, insieme ad una comunità che lotta per il proprio affrancamento dalla criminalità organizzata, significa rigenerare l'insindacabile valore della Liberazione, significa sprigionarne il potere evocativo per risvegliare le nostre coscienze e rammentarci che democrazia e libertà non sono assunti da dare per scontati». Nel video il ministro, l'assessore regionale Edy Tamajo e il presidente della commissione regionale Antimafia Antonello Cracolici.