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Orestiadi, così le crisi narrate da Paolini hanno chiuso il Festival a Gibellina

Si è chiusa la 40esima edizione delle Orestiadi di Gibellina. Si chiude un Festival contemporaneo che ha raggiunto un importante traguardo, che all’inizio a tutti sembrava pura utopia, ma che nel corso degli anni è diventato realtà, trasformando la città di Gibellina nella città dell’arte contemporanea, grazie al contributo di grandi registi, artisti, attori, scenografi che hanno creato le loro opere a Gibellina, spesso per Gibellina. Un’avventura unica nel suo genere, un progetto che ha segnato la rinascita di un territorio attraverso l’arte contemporanea, di cui il Festival teatrale ha rappresentato una parte determinante.

A fare da location all'ultimo spettacolo il Cretto di Burri, al tramonto. In scena “SANI! Teatro fra parentesi di e con Marco Paolini, che ritorna lì dopo 20 anni. Sani è parola che canta, concerto, ballata popolare che in un dialogo stretto alterna storie e canzoni. Così in SANI! ogni storia e ogni canzone raccontano qualcosa, alcuni temi si intrecciano ma la trama resta leggera come deve essere in un concerto. Il filo conduttore è autobiografico, nelle sue storie Paolini racconta momenti di crisi piccoli e grandi, personali e collettivi che hanno cambiato il corso delle cose. Le crisi raccontate come occasioni, a volte prese al volo, altre volte incomprese e sprecate.

Si parte dai temi di fondo della crisi climatica e della transizione ecologica e si finisce con due storie già narrate ne “La Fabbrica del Mondo”, il progetto di Marco Paolini e Telmo Pievani trasmesso da Rai3 a gennaio 2022.
Paolini racconta le tragicomiche conseguenze del suo primo (e unico) incontro con Carmelo Bene nel 1983 che ha cambiato la sua direzione teatrale e subito dopo la contemporanea crisi della guerra fredda che ebbe come protagonista Stanislav Petrov. Si arriva poi alla crisi, al lockdown del 2000.
Il racconto iniziale e quello finale, “Cattedrale”, sono coerenti con il pensiero guida de “La Fabbrica del Mondo”: non basta avere consapevolezza, in una crisi servono coraggio e immaginazione, perché tornare a prima non si può, desiderarlo è umano ma non è utile, né pratico.

Sani è un’espressione usata per dare il saluto ai piedi delle Alpi, nella valle del Piave. Viene da Salus, riassume il senso del teatro per questo tempo, un teatro che mette insieme creando ponti. Ma SANI! È anche un abbraccio, un augurio, un invito a provarci, un tonico contro la solitudine in forma di ballata popolare. Il punto esclamativo esprime la fiducia nella risposta al saluto degli spettatori. Guadagnarsi quella fiducia, trasmetterla è la sfida di questo teatro fra parentesi. “Ma qual è il messaggio, scusi?... Sani! State sani, ci servite sani cittadini…”

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