Il provvedimento confermato dalla Cassazione, con il quale vengono confiscati beni per cento milioni all'imprenditore di Monreale Calcedonio Di Giovanni, colpisce terreni, conti correnti bancari, appartamenti ed aziende e soprattutto un villaggio turistico, quello di Kartibubbo, a Torretta Granitola, territorio di Campobello di Mazara. Dalle indagini portate avanti in questi anni è emerso che la fortuna imprenditoriale di Calcedonio Di Giovanni sarebbe stata «indissolubilmente intrecciata con i destini delle famiglie mafiose di Mazara del Vallo». Per gli inquirenti, Calcedonio Di Giovanni non è mai stato affiliato alla mafia. Ma l'ex impiegato statale, che negli anni Sessanta scelse di lasciare il posto sicuro per abbracciare la carriera da imprenditore, si era assunto il compito, secondo l'accusa, di riciclatore del denaro di Cosa Nostra, in particolare quello di Vito Roberto Palazzolo (che secondo le indagini della Dia avrebbe investito proprio a Kartibubbo). Lì i capimafia di Mazara avrebbero avuto a disposizione bungalow in cui ospitare latitanti. Per costruire il suo patrimonio, Di Giovanni ha usufruito anche di finanziamenti pubblici: poco meno di 40 milioni di euro ottenuti in parte con i fondi della legge 488, quella per l'imprenditoria del Mezzogiorno. Soldi finiti tutti nelle sue aziende, occultati in altre società costituite all’estero, ma sempre destinati al villaggio turistico di Kartibubbo. Più di 5 milioni e 230.000 euro sono andati alla Di Giovanni Immobiliare srl, 1.300.000 euro li ha incassati la Selinunte Country beach, 30 milioni la Helios di Saracino e Pisciotta. Per ottenere le anticipazioni dei finanziamenti pubblici, utilizzava - sempre secondo l'accusa - fatture per operazioni inesistenti, una girandola di truffe dalle quali avrebbe ricavato più di 16 milioni di euro. Per evitare il sequestro e mantenere saldo in mano il potere, nel giugno 2014 avrebbe costituito in Inghilterra la Titano Real Estate limited, che si occupava di gestione di villaggi turistici, domicilio fiscale italiano Kartibubbo. Amministratore della società un mazarese che aveva aumentato il capitale, portandolo a 11 milioni di euro, versati dal socio Compagnia immobiliare del Titano, con sede a San Marino. Il sequestro e poi la confisca non lo hanno risparmiato. Nel corso degli anni l’imprenditore Di Giovanni ha collezionato ben 16 condanne, andate prescritte o trasformate poi in ammenda: per truffa, abusi edilizi e urbanistici, bancarotta fraudolenta e persino omicidio colposo, per la morte di una turista rimasta folgorata nell’agosto del 1995, mentre faceva la doccia, nella sua camera a Kartibubbo.