Trapani

Sabato 23 Novembre 2024

Pesce azzurro, vino e musica: una sagra a Marettimo - Foto

 
 
 
 
 
 
 

TRAPANI. A Marettimo la Sagra del Pesce Azzurro venerdì 24 luglio a partire dalle ore 20 allo Scalo Vecchio. Degustazioni di pesce e vino accompagnate dalla musica. “Sarà la terza edizione promossa dalla Cooperativa Oltremare”, ci tengono a precisare gli organizzatori, “ma  dal 1988 ad oggi si sono svolte sulla più lontana delle Egadi più di venti edizioni di questo caratteristico evento  isolano”  che valorizza principalmente il pesce azzurro e il suo potere nutrizionale che, per più di un secolo, ha rappresentato una delle principali attività   di pesca dell’isola di Marettimo. Verranno arrostiti alla brace sgombri e sarde aromatizzati con il “salmoriglio” - mistura aromatica di alio, limone, origano,  - per rendere più saporito il pesce azzurro. Ad allietare la sera nell’edizione 2015 ci sarà il gruppo musicale “Pachira”. Al Museo del Mare in occasione dell’edizione 2015 della Sagra del Pesce Azzurro verrà riproposta la mostra fotografica “Pescatori Marettimari – Marettimo’s Fishermen”. Le prime 11 edizioni, dal 1988 al 1998, sono state organizzare dall’Associazione CSRT “Marettimo” poi, ad anni alterni, da diverse gruppi di giovani e pescatori di Marettimo fino alle ultime tre edizioni curate dalla Cooperativa Oltremare. Tutte le edizioni sono state patrocinate dal Comune di Favignana – Isole Egadi, tranne nei primi anni  quando l’iniziativa era   finanziata dagli  stessi pescatori  di “cianciolo”. Il pesce azzurro viene pescato principalmente con dei pescherecci detti barche di “cianciolo” che usano  la tecnica della rete di  circuizione con la caratteristica fonte luminosa  della “lampara”. Marettimo fino ad una decina di anni fa contava una flottiglia peschereccia numerosa che praticava questa tipica attività di pesca in tutto il Mediterraneo. Ancora oggi i pescatori marettimari ricordano  i tempi in cui si andava “a cianciolo” nelle acque dell’arcipelago o sui banchi del canale di Sicilia. Poi cominciarono a spostarsi  dove il pesce era più abbondante fino a spingersi lungo le coste del Tirreno e dell’Adriatico. La pesca del cianciolo per tanti anni è  stata un’attività remunerativa poi la crisi del pescato e la conseguente notevole riduzione dei pescherecci. Si raccontava di un tempo in cui i pescatori di Marettimo andavano a pesca con imbarcazioni a vela o a remi, “i varche longhe”. Armate con vele latine, avevano un equipaggio di 9-13 uomini che manovravano undici remi. Uomini rudi, vigorosi quasi guerrieri del mare che con esso lottavano e da esso ricavavano tutto quello che era sufficiente per il loro sostentamento. La pesca delle sarde che alimentava un’attività artigianale, la “salatura”, fondamentale per l’economia locale veniva praticata principalmente con un sistema di reti da posta “la tratta”, che veniva calata nelle zone frequentate dai branchi. In altri periodi dell’anno si praticava la pesca del cicirello, della nunnata, della lattarina, delle minnole, dei ritunni, delle aguglie. Un tipo di rete tradizionale usata frequentemente con numerose varianti era “u tartarune”, che, sfruttava l’azione della corrente per intrappolare il pesce nel cul di sacco terminale. Dal Portogallo alla California fino alle gelide acque dell’Alaska i pescatori originari dell’isola di Marèttimo hanno saputo da sempre praticare “l’arte del pescare”. Oggi nel piccolo Museo del Mare delle Attività e Tradizioni Marinare  e dell’Emigrazione sono custodite queste memorie. E’ un museo  piccolo,  ma ricco di storia. La storia è raccontata dagli attrezzi che vi sono esposti, ormai in gran parte in disuso, che custodiscono tutta “l’arte del pescare” di questa gente di mare. Le foto, gli articoli, le pubblicazioni e i documentari fanno il resto: quel poco che serve per raccontare l’epopea di chi tra la fine del 1800 e i primi del 1900, cominciò ad emigrare per “terre assai luntane” come tanti fecero da tutta l’Italia e soprattutto dal meridione. La gente di Marèttimo non ha fatto altro che seguire la rotta del pesce e  quindi cominciò dapprima a spostarsi – anche a remi o a vela - nel Nord Africa (Biserta, Tripoli, Bengasi, Tunisi, Bona, Sfax furono le mete  preferite), in Portogallo (Lisbona, Porto, Matousinos, Lagos, Olhao) dove continuarono ad essere “mastri” nell’arte della salagione del pesce azzurro e successivamente in America. Per il nuovo continente, dove si insediarono più numerosi, frequentemente si imbarcavano clandestinamente su grossi bastimenti a vela e durante la traversata avevano  modo di mostrare la loro perizia di naviganti, aiutando in coperta l’equipaggio. Sbarcavano nei pressi di New York, a Ellis Island, dove  per qualche mese  si adattavano a fare qualsiasi lavoro. Alcuni proseguirono per Milwaukee vicino Chicago e lavorarono a scaricare carbone, legna, travi dei binari dai vagoni dei treni merce, con l’obiettivo di mettere qualche dollaro da parte per acquistare una barca  e riprendere l’attività di pescatore in California, da dove giungeva voce che la comunità proveniente dal palermitano stava pescando tonnellate di pesce azzurro. Arrivati in California,  i primi emigranti furono raggiunti dai familiari e così nacquero le comunità di Monterey, San Francisco, e San Pedro, vicino Los Angeles, dove ancora oggi sono vive usanze e tradizioni dell’isola di origine. Negli anni trenta ci fu l’inizio della mitica stagione della pesca delle sardine. Nel giro di pochi anni la baia di Monterey divenne il primo porto peschereccio americano. I mari di quella costa erano solcati da pescherecci  con nomi come “Marèttimo”, “New Marèttimo”, F.lli Aliotti, “El Capitan”, “Diana”, e tanti altri appartenenti a pescatori di  Marèttimo con i relativi equipaggi. Negli anni,  questi “Omini Assulo”,  così chiamati in quanto senza la propria famiglia, iniziarono a chiamare a se mogli e figli, anche grazie all’apertura nella costa di Monterey delle prime industrie del pesce in scatola che richiedevano tanta manodopera, le famose Cannery Row descritte nei romanzi dello scrittore americano John Steinbech. In seguito iniziarono a navigare dalla California all'Alaska a vela, e in cinquanta giorni di navigazione raggiungevano Anchorage per la mitica pesca del salmone. Con quaranta giorni di pesca riuscivano ad assicurarsi il guadagno di un intero anno. Alcuni ritornarono a Marèttimo, altri si stabilirono definitivamente in California, dove la loro abilità di pescatori ne fece personaggi di spicco nell’importante mercato ittico americano. Come nel caso sopra indicato dell’ideazione della mostra “Di qua e di là dal mare”, anche la fondazione del Museo del Mare nasce da una sentita esigenza di tutela e valorizzazione della comunità di Marettimo.

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