Al via la seconda settimana di appuntamenti del Segesta Teatro Festival, il programma di arti performative con la direzione artistica di Claudio Collovà, che si svolgerà fino al 4 settembre in uno dei luoghi più affascinanti della Sicilia, il Parco Archeologico di Segesta (Tp) diretto da Luigi Biondo, che lo promuove insieme all’Assessorato regionale dei Beni culturali e dell’Identità siciliana, guidato da Alberto Samonà, con il sostegno dei comuni di Calatafimi Segesta, Contessa Entellina, Custonaci, Poggioreale e Salemi. Una prima nazionale, uno spettacolo all’alba e il primo dei progetti speciali che prevede una serata dedicata alla lettura del cielo e delle stelle, circondati dalla bellezza della notte di Segesta: questi gli appuntamenti in programma dall’8 al 10 agosto. Si parte l’8 agosto, con repliche fino al 10 (sempre alle ore 19.30 al Teatro Antico), con l’Edipo a Colono di Sofocle, riletto in chiave contemporanea, con Mamadou Dioumè, attore e regista senegalese di fama internazionale, nonché storica presenza del teatro di Peter Brook, protagonista di quella che è considerata la Tragedia della Fine, qui esaltata nella sua dimensione onirica anche grazie a un allestimento multimediale. Alla figura di Brook, uno dei più rappresentativi padri del teatro contemporaneo, recentemente scomparso, è dedicata idealmente questa prima edizione del Segesta Teatro Festival. Questa rappresentazione della tragedia, con la traduzione e l’adattamento di Gina Merulla, che firma anche la regia e Fausto Costantini, vede al fianco di Dioumè anche Fabrizio Ferrari, Lorenzo Venturini, David Marzi, Federico Nelli e la stessa Gina Merulla. Edipo ormai vecchio e cieco giunge alla fine del suo viaggio: distrutto dalla Vita, dal Destino, dagli Dei vaga come un mendicante alla disperata ricerca di un Senso. Questa è la premessa su cui si basa l’intero spettacolo. Edipo non è nient’altro che lo specchio dell’essere umano e ne riflette la natura profonda. Le vicende che vive il nostro protagonista non hanno più significato nella loro dimensione individuale e privata ma devono essere restituite al pubblico nella loro dimensione universale e umana. Edipo è dunque “tutti gli uomini”: la sua storia, le sue azioni, le estreme conseguenze e l’epilogo della sua vicenda riflettono la storia interiore di tutti noi. La natura oscura, predatoria e violenta dell’Uomo ci dà la misura della sua umanità rendendolo un “colpevole senza colpa” e condannandolo al dolore, alla perpetua ricerca dell’espiazione e alla malinconica accettazione della tardiva scoperta di sé. Da ciò scaturiscono dolorose riflessioni sulla vita, sulla morte, sulla vecchiaia, sulla cecità, sulla caduta, sulla salvezza. Il pubblico è chiamato ad affrontare un viaggio nell’essere umano accanto a Edipo, dal suo arrivo a Colono fino alla sua discesa negli inferi. Anche lo spettatore si ritroverà “straniero in terra straniera”, incarnazione di una “creatura mostruosa” che chiede di essere accolta, personificazione del “diverso” che desidera solo accettazione, immagine dell’Essere Umano che cerca la salvezza tanto esteriore quanto interiore. La regia di Merulla parte dal teatro di ricerca per rivisitare e trasformare un classico senza tempo per mezzo di differenti linguaggi artistici e nuovi codici espressivi derivati dalla contaminazione di teatro, musica, danza e arti visive. Gli attori e performers daranno vita allo spettacolo attraverso le meravigliose parole del tragediografo greco e partiture fisiche su musica o silenzio. Partendo dal paradigma del Rito in tutte le sue declinazioni lo spettatore compirà un viaggio complesso e profondo che oltrepassa l’idea classica di teatralità per esplorare codici tribali, intersezioni culturali, realtà artistiche dilatate, dimensioni oniriche. A seguire sempre l’8 agosto al Tempio di Segesta (ore 22.00) nuovamente ospite del Festival l’attore e regista Roberto Latini, fondatore di Fortebraccio Teatro, con Venere e Adone. Siamo della stessa mancanza di cui sono fatti i sogni – Variazione n.7, spettacolo in Prima Nazionale. “Nel tempo di questo tempo - scrive lo stesso Latini nelle note dello spettacolo - mi piace sospendermi nello stesso argomento che scelse Shakespeare per la riapertura dei teatri, quando nel 1593 a Londra furono chiusi per la peste. L’amore terrestre e quello divino nel disarmo di un destino ineluttabile, è il tema trattato da Shakespeare, Tiziano, Rubens, Canova, Carracci, Ovidio, attraversando il mito nell’arte, come trattenendo il respiro. Un respiro-fotogramma, solo, fermato, definito, come a impedire che il racconto si possa compiere nel finale che già sappiamo. È forse la speranza che si possa vincere il destino, dando all’Arte il compito di sfidare il tempo e trattenerlo. Sospenderci nella tenerezza. Adone muore nel bosco durante la caccia a un cinghiale e Venere stessa non può nulla oltre il presentimento che la consuma. Il corpo di Adone in terra svanisce nell’aria fresca del mattino e dal suo sangue in terra spunta un fiore bianco e rosso. Lo si potrebbe percepire come un ‘mito della primavera’, il mito della rinascita”. Roberto Latini ha così decostruito la narrazione moltiplicandola nell’occasione di drammaturgie differenti e in variazioni dello stesso tema, come accade proprio per il mito, sollecitando il pensiero in continue aperture e aggiungendo sipari su scene in trasformazione grazie ad una struttura fluida e plurale. Venere e Adone si è trasformato così in un programma articolato in grammatiche diverse, assecondando la scena nella tentazione di tentativi che si sono aggiunti e si aggiungono progressivamente e numericamente. Nell’ambito della valorizzazione della cultura siciliana attraverso la grande tradizione orale del “cunto”, martedì 9 agosto arriva il primo dei suggestivi spettacoli all’alba al Teatro Antico (ore 5.00): Cicerone e i Siciliani contro Verre di e con Alfonso Veneroso accompagnato in scena dalle musiche di Alfonso Vella (sassofono) e dalle percussioni di Francesco Prestigiacomo. Una vicenda entusiasmante e attuale quanto un vero poliziesco: la battaglia condotta dai Siciliani e da Marco Tullio Cicerone contro il governatore di Roma Gaio Licinio Verre che ha saccheggiato l’intera isola per tre anni e l’ha ridotta in ginocchio, depredandola delle opere d’arte, manipolando i processi, derubando, corrompendo, estorcendo, stuprando, torturando e uccidendo. L’attualità dell’ “affaire Verre” è impressionante nell’attività dilatoria dei processi, nelle dinamiche politiche, come nelle azioni di lobby, nella corruzione, nel crimine organizzato, tanto da farci capire che in duemila anni nulla abbiamo inventato. Emblematica è anche l’importanza strategica della Sicilia per la produzione di fonti di energia che muovevano la “macchina sociale e politica” di Roma, senza le quali essa rischiava di “incepparsi” e per cui si facevano già in quei tempi le guerre. I Siciliani tengono la testa alta e chiedono aiuto a un personaggio eccezionale, loro amico, il giovane Marco Tullio Cicerone, questore in Sicilia nel 75 a.C., pregandolo di promuovere l’accusa contro il potentissimo governatore. In questo processo Cicerone rischierà la carriera e la vita in difesa dei suoi amici siciliani, ma sarà proprio “Il caso Verre” che gli offrirà l’occasione di diventare il principe del foro di Roma. Il 10 agosto è in programma il primo dei Progetti speciali inseriti nel cartellone del Festival. Tutti con il naso all’insù, dalle ore 22.00, per l’osservazione astronomica realizzata in collaborazione con Urania, ente gestore del Planetario e Museo Astronomico di Palermo, con Notte di San Lorenzo – Stelle cadenti. Gli operatori scientifici e il personale tecnico di Urania guideranno gli spettatori nell’osservazione degli astri al telescopio, un’occasione unica per affacciarsi ai misteri del cosmo accompagnati da una guida d’eccezione immersi nella bellezza di Segesta e della sua storia. Biglietti disponibili, anche con possibilità di abbonamenti, al botteghino del Parco oppure online sul sito di CoopCulture www.coopculture.it/it/eventi/evento/segesta-teatro-festival/ o su www.vivaticket.com/it/tour/teatro-di-segesta-festival-2022/778.