Non solo un’apertura al contemporaneo, ma un dialogo che apre alla riflessione sulle molteplici connessioni fra passato e presente nell’incessante fluire di spazio e tempo. È questo il senso di «Nella natura con la mente», quattro installazioni, a cura di Agata Polizzi e Beatrice Merz della Fondazione Merz, nel Parco archeologico di Segesta che offrono ai visitatori una nuova affascinante occasione per conoscere e approfondire la storia di questa antica città elima, che si vuole fondata dai troiani in fuga, e i suoi splendidi monumenti. Sulle colonne del bellissimo tempio dorico, brillano di rosso vivo le luci al neon di «Fibonacci Sequence» del 2002 di Mario Merz, la serie dove ogni numero è il risultato della somma dei precedenti individuata dal matematico pisano nel 1202.
Nell’opera, i numeri esplicitano la naturale progressione algoritmica che informa sia l’armonia geometrica del tempio sia le forme proprie della natura, la stessa misura di tante composizioni musicali e che ritroviamo, per esempio, nel celebratissimo «Modulor» di Le Corbusier. A destra del tempio, «La spirale» in ferro e vetro del greco Costas Varostos, in cui si rispecchia la luce intrinseca di forme in rapporti armonici fra natura e architettura a esemplificare il percorso infinito del pensiero che si muove in un incessante andare e venire nella storia del mondo. La spirale è l’esemplificazione grafica della serie di Fibonacci e, dal principio degli anni Settanta, per Merz è il simbolo della crescita organica del mondo naturale. «Un segno nel Foro di Cesare», opera realizzata nel 2003 per i Fori imperiali di Roma e oggi sistemata nell’Agorà di Segesta, è un segno di luce blu cobalto entra in relazione perfetta con l’armonia del magnifico e ancora intatto paesaggio circostante che, da lassù, appare come un susseguirsi senza fine di monti, di cielo e di nuvole. Nell’itinerario attraverso il parco archeologico, l’intervento di Ignazio Mortellaro («Primo punto dell’ariete») realizza un momento di contemplazione e di ascolto nella zona dell’Antiquarium.
È una torre autoportante in acciaio Corten sormontata da corni che catturano il suono segreto della natura, un elemento essenziale e arcaico che ascende verso il cielo, da cui, una suggestiva performance sonora di Gianni Gebbia ha tratto tutto il potenziale magico ed evocativo.
«Negli stessi mesi in cui la Regione promuove la ripresa di innumerevoli missioni archeologiche - ha detto nella breve cerimonia inaugurale l’assessore regionale ai Beni culturali Alberto Samonà - si cercano nuovi codici di lettura come in questo caso. È un’iniziativa che nasce dall’idea che i nostri templi, i luoghi dell’archeologia, non sono solo appannaggio di studiosi e turisti, ma sono soprattutto spazi aperti alla riflessione e all’ascolto».
Sulla stessa linea Rossella Giglio, direttrice del Parco archeologico di Segesta, che ha sottolineato come «artisti contemporanei di questo livello offrono ai visitatori un’opportunità di conoscenza in più per poter apprezzare al meglio un sito come questo». L’organizzazione dell’iniziativa è di MondoMostre. Le installazioni di «Nella natura come nella mente» resteranno a Segesta fino al prossimo 6 novembre.
Le foto sono di Gianluca Baronchelli.
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