La sezione Misure di prevenzione della Corte d’appello di Palermo ha confermato la confisca dei beni, stimato in 127 milioni di euro, a Michele Angelo Licata, di 59 anni. L’imprenditore marsalese, che è stato leader nella Sicilia occidentale nel settore alberghiero e della ristorazione, era al centro di un’indagine della guardia di finanza per evasione fiscale. In primo grado il Tribunale di Trapani aveva disposto un parziale dissequestro, ma su immediato ricorso della Procura, nel 2019, la Corte d’appello ne aveva sospeso la provvisoria esecutività, ritenendo che ci fosse il pericolo che, restituendo circa la metà dei beni sequestrati all’imprenditore, questi potessero essere «dispersi». Ora, la Corte d’appello, oltre alla confisca, ha confermato anche la «pericolosità sociale» dell’imprenditore e la conseguente applicazione della misura di prevenzione personale della sorveglianza speciale. L’evasione fiscale contestata al gruppo Licata (Iva e tasse non pagate tra il 2006 e il 2013) è stata stimata da procura e guardia di finanza in circa 6-7 milioni di euro. In primo grado, nel 2016, Licata è stato condannato dal gup di Marsala Riccardo Alcamo a 4 anni e 5 mesi di reclusione per evasione fiscale, truffa allo Stato e malversazione. Poi, nel 2020, in secondo grado, con la prescrizione per truffa allo Stato e l’assoluzione per la malversazione, la Corte d’appello di Palermo rideterminò la pena in due anni e sei mesi. Lo scorso gennaio, in un altro processo scaturito dallo stesso filone investigativo, la Corte d’appello ha confermato a Michele Licata la condanna a cinque anni di reclusione che il 18 marzo 2021 il Tribunale di Marsala gli aveva inflitto per auto-riciclaggio.