Una intera classe di prima elementare a Marsala (Tp) composta da alunni che sono tutti figli di pregiudicati. A segnalarlo alla commissione regionale Antimafia, che ha chiuso dopo otto mesi di audizioni un’inchiesta sulla condizione dei minori in Sicilia, è stato Salvatore Inguì, direttore dell’Ufficio di servizio sociale per i minorenni di Palermo. Inguì era stato sentito in audizione dall’Antimafia il 14 settembre dell’anno scorso. «Mi ha chiamato la settimana scorsa un insegnante e mi ha fatto un elenco di bambini, questo elenco di bambini. Mi chiedeva se io li conoscessi. Li conoscevo tutti, me ne ha elencati ventidue. Qual è la caratteristica di questi bambini? Che sono tutti figli di soggetti con gravi pregiudizi penali. Io ho detto: ‘ma perché mi fai questo elenco?’ Guarda caso tutti questi bambini sono in una sola classe elementare, iniziano la prima elementare ed hanno messo in questa classe solo bambini di questo tipo».
Secca la replica del presidente della Commissione Claudio Fava, come emerge dalla relazione finale approvata all’unanimità: «Forse questa è una cosa che merita di essere rapidamente segnalata perché mi sembra l’opposto di ciò che dovrebbe rappresentare il messaggio educativo e di comunità di una scuola. Soprattutto in una realtà, come quella siciliana, in cui il disagio sociale dei minori diventa la più formidabile occasione di reclutamento malavitoso. È importante capire se questo precedente sia un caso isolato o se piuttosto nelle periferie delle città siciliane la scelta di costruire classi ghetto dove ammassare i figli di genitori pregiudicati o reclusi sia una traccia non episodica. Sarebbe il segno di una sorta di rassegnazione istituzionale al destino già segnato di quei ragazzi e al contesto sociale in cui crescono».
Sul caso interviene anche il deputato siciliano del Pd Carmelo Miceli che annuncia una interrogazione al Ministero dell’Istruzione "per le verifiche del caso”. “Se la notizia trovasse conferma - commenta Miceli - ci troveremmo davanti a una intollerabile selezione in forza della vita personale dei genitori dei bambini o, peggio, di una raccapricciante presunzione genetica di delinquenza da fermare immediatamente. Il ruolo educativo, culturale e sociale della scuola deve essere un punto fermo del nostro Paese, una certezza che non può mai venire meno. L'ipotesi che possa esistere una classe ghetto, per religione, razza o trascorso criminale dei genitori fa rabbrividire e se qualcuno ha dato corso ad una simile aberrazione va rimosso immediatamente".
E Stefano Suraniti, direttore dell’Ufficio scolastico regionale per la Sicilia, sentito dall’Antimafia il 12 ottobre dell’anno scorso, ha argomentato così: «Nella formazione delle classi tutte le scuole adottano dei criteri che sono poi quelli di creare classi al loro interno eterogenee. In alcune scuole però questo obiettivo è difficilmente raggiungibile perché probabilmente siamo nella condizione in cui c’è una più alta percentuale con svantaggio socio-economico, quindi nelle periferie ci può essere una maggiore incidenza di famiglie in difficoltà o di fatto assenti. E dove c’è una più alta incidenza di disagio e questo ovviamente incide anche sulla formazione, nel senso che sono classi più complesse da gestire. Ciò non toglie naturalmente che i nostri docenti abbiano gli strumenti relazionali, comunicativi ed anche didattici per cercare di gestire una classe complessa: ciò non toglie che il successo formativo di quella classe o di una parte della classe non è detto che sia raggiunto, proprio perché ci sono delle dinamiche esterne che influenzano il rendimento».
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